arte
Una straordinaria espressione della creatività umana
Fin dalla preistoria, l'uomo ha inventato diverse tecniche per realizzare oggetti il cui valore non fosse solo quello dell'utilità. Ornamenti di osso, immagini magiche, statuine rituali furono le prime forme d'arte, mentre suoni e parole venivano elaborati non solo per comunicare, ma per procurare piacere all'udito e all'immaginazione. Nel tempo, l'arte ha avuto per scopo quello di esprimere emozioni, abbellire ambienti, rendere visibili miti e divinità, celebrare avvenimenti, mantenere la memoria di fatti e persone, inventare mondi di finzione, aprire nuove visioni del mondo
L'arte è l'espressione della creatività umana; l'arte riguarda ciò che è bello; l'arte è un'attività tecnica (dal greco tèchne). Ciascuno intuitivamente sa cos'è l'arte, eppure a volerla definire con precisione ci si trova davanti a una tale varietà di manifestazioni, di esempi, di usi del termine, da restare disorientati. La ricerca dell'origine della parola riporta a una radice indoeuropea ar- che significa "cosa ordinata al suo fine". La frase "a regola d'arte" viene usata nel linguaggio quotidiano per indicare un oggetto che risulti ben fatto, la cui forma sia adatta alla sua funzione, o un'operazione eseguita con successo seguendo una serie di norme. Nella gran parte delle culture del mondo, in Oriente come in Occidente, il termine 'arte' denota effettivamente quelle attività (e i loro risultati materiali e immateriali) che richiedono una precisa tecnica di esecuzione, un sapere ben definito, una serie di esperienze spesso tramandate di generazione in generazione dentro famiglie, botteghe, scuole. Il prodotto di queste attività può essere un oggetto destinato all'uso quotidiano o a occasioni speciali, può essere un vaso di ceramica, il ritratto di un cavaliere, una tomba a piramide, la statua di una dea che protegge una città, una spirale dipinta sulla sabbia, e poi una musica, una poesia, un balletto, e più di recente una fotografia, un film. Ma questa definizione non basta.
Qualcosa distingue un oggetto ben fatto da un'opera d'arte, un esecutore di regole (un esperto artigiano) da un artista: è il talento. Il talento è una disposizione naturale verso un tipo di espressione; è un insieme di capacità che, adeguatamente esercitate, possono portare alla produzione di capolavori in vari campi. Soprattutto se il talento è unito alla vocazione, cioè all'impulso che certi individui sentono di dedicarsi anima e corpo a un'impresa espressiva. Dunque si può dire che la parola arte indica le attività e le opere che richiedono sì una tecnica di esecuzione precisa, ma ravvivata dall'interpretazione personale di un autore. Grazie alla creatività e all'inventiva dell'artista, l'oggetto non si esaurisce nella sua funzione d'uso, ma acquista un valore proprio e indipendente, che viene sentito come bello, piacevole, oppure sorprendente, innovativo.
In alcuni periodi, si è apprezzata molto la fedeltà a modelli e tecniche tramandati; si è cercato di definire con precisione la bellezza e la qualità di un'opera d'arte, invitando gli artisti ad attenersi a tali principi. In altri momenti, per esempio nell'Ottocento, durante il periodo romantico, il genio dell'artista è stato considerato più importante della tradizione, delle regole e dell'idea di bellezza. Da allora, un'opera può essere brutta, ma espressiva e provocatoria, può essere fatta di materiali di scarto, e avere comunque un forte impatto. È per questo motivo che possiamo ritrovare sotto lo stesso nome di arte: i capolavori della scultura greca e una composizione di ferri arrugginiti; un quadro come la Primavera di Botticelli, che in ogni figura nasconde significati e simboli, e il quadrato bianco dipinto su una tela bianca dal russo Kazimir S. Malevič al principio del Novecento; oppure un concerto dove si ascoltano i rumori della strada, o il palloncino pieno d'aria dal titolo Fiato d'artista di Piero Manzoni. Insomma, i confini del termine arte si modificano nel corso del tempo e nelle varie culture.
Ciò che rimane costante è la capacità di un'opera d'arte di attirare uno spettatore o un ascoltatore, di sottrarlo all'abitudine, alla percezione disattenta della vita quotidiana. L'opera lo costringe a entrare in un altro mondo, dove i linguaggi e le materie comuni sono usati in modo diverso dal solito.
La chiesa di Orsanmichele a Firenze è decorata da statue imponenti, disposte dentro nicchie (spazi scavati nei muri dell'edificio). Le statue rappresentano i santi protettori dei mestieri esercitati nella città seicento anni fa. Furono proprio gli artigiani e i professionisti del tempo a ordinare quelle statue a scultori come Donatello, Lorenzo Ghiberti, Nanni di Banco. Ogni nicchia della chiesa di Orsanmichele, con le sue belle statue, la dobbiamo a un gruppo di artigiani, riuniti in una corporazione, cioè un'associazione professionale. E ogni corporazione prende il nome di Arte: l'Arte della Lana, l'Arte dei Maestri di pietra e legname, l'Arte dei Corazzai, e così via. Nell'Italia del Medioevo e del Rinascimento, la parola Arte è usata per indicare un'attività precisa, con le sue regole e le sue tecniche. Ancora oggi, in questo senso, si sente parlare per esempio di arte medica, arte della cucina, arti marziali.
Ma torniamo di nuovo indietro nel tempo. Potrà sembrare strano, ma proprio coloro che chiamiamo artisti, in quel periodo, non hanno un'associazione (un'Arte) propria e sono iscritti nell'Arte dei medici e degli speziali perché fabbricano tinture seguendo ricette.
Un'altra distinzione, che risale al mondo antico, è quella fra arti liberali e arti meccaniche. Nelle arti liberali rientrano discipline come la grammatica, la logica, l'aritmetica, l'astronomia, la musica. In quelle meccaniche, si trovano la pittura, la scultura, l'architettura e le attività legate a un'esecuzione manuale. Ci vogliono anni e l'impegno di personalità geniali come Leonardo da Vinci perché il mestiere dell'artista guadagni considerazione e venga stimato come quello dello scienziato e del letterato. Nel Rinascimento (v. anche Rinascimento, cultura del) vengono fondate le prime accademie per lo studio del disegno e della pittura e nascono, come si direbbe oggi, nuove figure professionali: insegnanti, professori, critici, teorici d'arte. Si discute animatamente sui significati delle opere, su ciò che esse devono esprimere (contenuti religiosi, filosofici, letterari, politici) e sul loro stile. L'arte deve infatti esprimere, insieme al soggetto, anche un'idea della bellezza, seguire canoni, che cambiano di periodo in periodo come le mode.
Nel Seicento comincia a diffondersi il termine 'belle arti' (dal francese beaux arts) per indicare, come dice il nome, tutte quelle attività che hanno a che fare con il bello. Insomma, agli aspetti tecnici e materiali dell'arte si affianca, nel corso del tempo, un aspetto intellettuale, addirittura filosofico. E infatti è proprio la filosofia, nel Settecento, il secolo dell'illuminismo, a occuparsi dell'arte attivamente. In che modo? Attraverso l'estetica, che studia l'arte come un fenomeno che colpisce i sensi dell'essere umano e attiva nell'individuo un giudizio critico.
Il pubblico dell'arte si allarga: non è fatto più solo da gruppi ricchi e selezionati, ma da strati più vasti della popolazione. L'arte diventa un'esperienza importante per la formazione delle persone e per l'insieme della società. Nasce la disciplina della Storia dell'arte, che cerca di trovare un ordine e un senso nella grande varietà degli stili artistici susseguitisi dall'antichità.
Negli ultimi due secoli sono stati fondati numerosi musei pubblici e gallerie private; sono stati aperti nuovi tipi di accademie e di scuole d'arte; si è messo a punto il meccanismo delle mostre; si è imposto il mercato dell'arte, sono nate riviste specializzate. Intanto lo stile e la forma delle opere sono cambiati senza sosta.
Il vecchio termine belle arti è stato sostituito prima da arti figurative, con riferimento al fatto che l'arte di solito rappresenta qualcosa, e poi da arti visive, con riferimento al fatto che l'arte è percepita prevalentemente col senso della vista.
A partire dal Novecento, gli artisti sconfinano da un campo all'altro: pittori collaborano con musicisti, lavorano con macchine fotografiche, cineprese e nuove tecnologie, e quindi l'arte contemporanea si presenta come un'attività multidisciplinare.
Nel momento attuale il desiderio di avere accesso alla conoscenza delle opere d'arte, di capirne i significati, di goderne è molto forte. I mezzi di comunicazione (stampa, TV, cinema, Internet) aumentano la diffusione popolare delle questioni legate all'arte. La riproduzione fotografica delle opere d'arte moltiplica le copie delle opere stesse, trasformando qualunque prodotto artistico in immagine. Le immagini delle opere d'arte si sommano ad altre immagini, di tutti i tipi, stampate e trasmesse dai mezzi di comunicazione. Circa sessant'anni fa, un grande filosofo tedesco, Walter Benjamin, segnalò il fatto che l'opera d'arte originale poteva perdere il suo prestigio a causa della quantità delle sue riproduzioni. Però, in compenso, nuove forme espressive possono nascere anche dalla cultura della riproduzione. L'artista che ha esaltato il lato positivo della società di massa è stato Andy Warhol negli anni Sessanta del Novecento. Le opere della corrente detta Pop art (Popular art), contemporanee ai primi viaggi sulla Luna, riescono a cogliere un valore nella ripetizione di immagini e oggetti e rendono sensibili gli spettatori ad aspetti del mondo e della vita che altrimenti passerebbero inosservati.
Anche la figura dell'artista all'interno della società si modifica nel corso della storia ed è diversa nelle varie civiltà e culture.
In alcune epoche, l'artista è stato considerato una specie di mago, un individuo speciale che si distingue dal gruppo per il proprio talento. È stato onorato e riverito, come è accaduto a Raffaello o a Rubens, oppure trattato come un semplice artigiano, di cui non viene ricordato neanche il nome.
Un discorso a parte merita la figura della donna artista. Quanti nomi ci vengono in mente? Non molti, forse addirittura nessuno. Solo poche donne, più che altro a loro volta figlie di artisti, hanno avuto accesso nel passato ai segreti del mestiere, come Artemisia Gentileschi nel Seicento.
In certi periodi, le opere sono state pagate a peso d'oro, altre, invece, disprezzate. Molti artisti sono stati considerati lunatici, visionari, folli, maledetti. Pensiamo al pittore olandese Vincent van Gogh, che durante la sua vita breve e sofferente (morì suicida a 37 anni nel 1890) vendette un solo quadro. Il pubblico e il mercato a lui contemporanei non riuscirono a cogliere il valore dei suoi dipinti, mentre ora essi sono valutati moltissimo e tutti hanno visto almeno una riproduzione dei suoi Girasoli o del Campo di grano con corvi. Van Gogh è un artista che lavora senza ordinazioni, per sé stesso: questo è un rischio, ma anche la condizione di libertà e di sfida, che caratterizza, da circa due secoli, gran parte dell'arte.
Nel corso dell'ultimo secolo, la situazione è ancora cambiata. La comunicazione di massa coinvolge anche i fenomeni artistici e così l'arte si trova a seguire le regole dello spettacolo, dell'informazione, della moda e della promozione pubblicitaria. Mostre, restauri di monumenti, campagne di scavo archeologico, nuove tendenze artistiche sono chiamati 'eventi d'arte' e promossi come prodotti sul mercato.
In vari momenti, nella storia, opere d'arte sono state distrutte e artisti perseguitati e censurati. È successo durante i cambi di regime politico, nelle lotte fra fazioni religiose, nelle dittature. Le immagini della Madonna, di Gesù e dei santi vengono distrutte durante una fase dell'impero bizantino e di nuovo nel Cinquecento dai protestanti che contestano la religione cattolica romana; statue medievali dei re sono decapitate durante la Rivoluzione francese, perché simbolo della monarchia da abbattere. Nel 20° secolo, dopo aver bruciato i libri di scrittori contrari al nazismo, Adolf Hitler inaugura la mostra dal titolo Arte degenerata: vi sono esposte, per essere infamate, le opere di grandi artisti dell'impressionismo, del cubismo, dell'espressionismo. La libertà espressiva, la ricerca di forme nuove, la sperimentazione di tecniche innovative sono considerate pericolose.
Nell'ex Unione Sovietica, negli stessi anni e oltre, il regime impone uno stile detto Realismo socialista e nasconde negli scantinati dei musei le opere che non si adattano a esso. Ancora di recente, nel 2001, in Afghanistan, il regime dei taliban ("studenti coranici") ordina la distruzione delle statue giganti di Budda a Bamiyan perché simbolo di una religione, il buddismo, diversa da quella di regime, cioè l'islamismo. Forme di censura più o meno violenta sulle opere e sulle persone sono sempre attive, in ogni società, anche nelle più evolute e tolleranti. Questo fa riflettere sul fatto che l'arte non è un'attività innocua o secondaria, ma tocca funzioni vitali della civiltà e della persona.
Provoca piacere, stupore, desiderio, emozione e dà la sensazione che qualcuno abbia espresso qualcosa (la bellezza di un viso o di un paesaggio, un ritmo violento o delicato, una storia fantastica, la paura della morte, il mistero del tempo) come meglio non si potrebbe e in un modo che risulta comprensibile anche dopo anni e in ambienti diversi da quello in cui l'opera è stata creata. Ogni opera d'arte è anche una capsula del tempo, perché racchiude mondi passati, individui morti, miti scomparsi e li rende presenti a chi sta davanti a essa.
Dobbiamo ricordare che tutto quanto raccontato fin qui è osservato dal punto di vista dell'Europa e degli Stati Uniti d'America. Solo da poco tempo, infatti, sono state prese nella giusta considerazione le arti di civiltà straordinarie e antichissime come quelle dell'India, della Cina, del Giappone, le espressioni artistiche dei popoli dell'Africa, dell'Oceania e delle culture dell'America Centrale e Meridionale, prima dell'arrivo degli Europei.
Non si deve pensare che l'arte sia estranea alla ricerca scientifica e riguardi solo il gusto personale. Molti artisti, nei secoli, hanno contribuito al progresso della scienza. E, nel momento attuale, c'è una stretta collaborazione fra psicologi, neurologi ed esperti di arte per capire i meccanismi della percezione, della creatività, del piacere che le opere procurano. Che cosa accade nel cervello di un artista mentre crea? Quali aree vengono messe in moto durante la percezione di un'opera? Sono fra le domande a cui la scienza cerca di rispondere con esperimenti e analisi (per esempio TAC o elettroencefalogramma), di solito usati per la diagnosi di malattie. La scienza che si occupa di queste ricerche si chiama neuroestetica. Opere di Picasso, Klee, Miró, Mondrian diventano così anche documenti scientifici. Altri esperimenti riguardano lo studio della creatività degli animali, comparata con quella umana. Un campo recente di ricerca è quello dell'intelligenza artificiale: si cerca di ricostruire al computer i meccanismi della percezione e di far simulare dalla macchina lo stile di celebri artisti.
"Dall'età di sei anni ho la mania di copiare la forma delle cose, e dai cinquant'anni pubblico spesso disegni; tra quel che ho raffigurato in questi settant'anni non c'è nulla degno di considerazione. A settantatré anni ho un po' intuito l'essenza della struttura di animali e uccelli, insetti e pesci, della vita di erbe e piante e perciò a ottantasei progredirò oltre; a novanta avrò approfondito ancor di più il senso recondito delle cose e a cento anni avrò veramente raggiunto la dimensione del divino e del meraviglioso. Quando avrò centodieci anni, anche solo un punto o una linea saranno dotati di vita propria". Queste considerazioni sono state espresse nel 19° secolo da uno dei massimi artisti giapponesi, Katsushika Hokusai. Esprimono la convinzione che l'arte è un traguardo che non si raggiunge neppure durante un'intera vita. Si tratta di un'idea universale, ma Hokusai la propone dal punto di vista di un artista orientale. L'arte è un'attività basata sulla concentrazione assoluta: il segno del pennello è come la freccia scoccata dall'arco o il gesto di una disciplina marziale. E anche un punto nero tracciato sulla carta può rappresentare il tutto.