Pittore e architetto (Siena 1481 - Roma 1536). Influenzato dal Pinturicchio e dal Sodoma, P. si avvicinò in seguito all'ambiente romano di D. Bramante e Raffaello. Per A. Chigi realizzò a Roma la villa detta della Farnesina. Affascinato dall'antico, P. si spinse comunque a una ricerca di tipologie e variazioni, come appare nel Palazzo Massimo alle Colonne, dove le tracce dell'antica educazione senese quasi dispaiono, rifugiate in qualche sagoma di finestra, in qualche trama ornamentale: l'amore del grandioso, della cinquecentesca opulenza, allontana dalle sue origini l'arte del P., che nei primordi, pur riflettendo gli schemi di Francesco di Giorgio, appare vestita di un'armoniosa e fredda compostezza, lontana dallo spirito vivace del celebrato ingegnere architetto di Siena. Le eccezionali capacità illusive emergono anche nei dipinti romani, tra i quali spiccano gli affreschi della Sala delle Colonne alla Farnesina.
All'apprendistato presso un orafo seguirono gli esordi pittorici (affreschi perduti nella capp. di S. Giovanni del duomo, 1501-02), forse influenzati dal Pinturicchio, a Siena per l'allocazione degli affreschi nella Libreria Piccolomini (1502). A tutto ciò si associò l'interesse per l'architettura, suggerito da F. di Giorgio Martini (bottega dell'Opera del duomo) di cui assimilò pure il linguaggio pittorico. La spiccata attitudine per l'architettura è già rintracciabile nella Villa «Le Volte», presso Siena, realizzata per Sigismondo Chigi (completata nel 1505), la cui famiglia lo avvicinò all'ambiente romano segnato dalla presenza di Bramante e di Raffaello, figure decisive per il costante studio dell'Antico evidente nei suoi numerosi disegni, forse destinati a un trattato scientifico (centinaia di fogli solo agli Uffizi), realizzati attraverso il rilievo delle rovine romane e la lettura di Vitruvio. Per A. Chigi realizzò a Roma, dal 1505 o 1506 al 1511, una villa-palazzo (detta, dai successivi proprietari, Farnesina) impostata su un blocco squadrato, con il fronte sul giardino caratterizzato da una loggia affiancata da ali sporgenti. La decorazione delle facciate è arricchita di due ordini sovrapposti di paraste coronate da un fregio scolpito all'antica, in cui si aprono le finestre dell'attico. All'impianto classicheggiante si alternano all'interno affreschi che associano alle decorazioni statue e architetture dipinte, dando risalto alle sue apprezzate qualità di «prospettico». L'interesse per l'Antico emerge anche nei dipinti romani (1503-1523), tra i quali spiccano gli affreschi in Sant'Onofrio (1506 circa), gli ornati di un «corridore» e di una «uccelliera» per Giulio II (1508-09 circa, scomparsi), gli affreschi della capp. Ponzetti in S. Maria della Pace (1516), dove è anche la Presentazione di Maria al Tempio (1523), impreziosita dal fondale di una città antica che sottolinea i suoi interessi per la scenografia. P. fornì i disegni per il duomo nuovo (1513-14) e per la facciata di S. Maria in Castello (1515) a Carpi: progetto, quest'ultimo, che si inserisce tra le soluzioni di facciata tripartita alla maniera bramantesca della chiesa piemontese di Roccaverano e le future elaborazioni di Palladio. Per Bologna ideò disegni per la facciata di S. Petronio (1522). Lasciata Roma (Sacco del 1527), dove aveva lavorato per la fabbrica di S. Pietro dopo la morte di Raffaello, tornò a Siena come architetto della repubblica impegnandosi in opere di fortificazione e nel duomo (1529); i dipinti tradiscono anche contatti con il Sodoma (Augusto e la Sibilla, chiesa di Fontegiusta). Roma rimase, comunque, il principale contesto operativo per l'architettura, culminato nella carica di primo architetto di S. Pietro (1532). Il palazzo Massimo alle Colonne (1532-36) s'impone come esempio emblematico dell'ambiguo frammentismo compositivo di un architetto affascinato dall'Antico ma spinto a una ricerca di tipologie, variazioni, licenze e esperimenti: la facciata curva del palazzo, subordinata all'andamento della strada originaria; la memoria dei teatri romani; l'effetto prospettico-scenografico nel diverso allineamento delle colonne dell'atrio con il cortile; la successione del cortile e dei loggiati allusivi a una grandiosità non consentita dagli angusti e irregolari limiti spaziali, raggiunta con sorprendenti e raffinati esiti formali. Il figlio Giovanni Sallustio o Salvestro (n. forse Siena) disegnò, fra l'altro, la facciata di S. Maria in Traspontina, a Roma; dal 1567 lavorò a Vienna, dove morì.