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Obama, Barack

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Politico statunitense (n. Honolulu 1961). Esponente del Partito democratico, è stato eletto nel novembre 2008 presidente degli Stati Uniti d'America e rieletto nel novembre 2012. Nel 2009 gli è stato conferito il premio Nobel per la pace "per il suo straordinario impegno per rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli".

Cenni biografici

Di padre keniota e madre originaria del Kansas, ha vissuto nella prima infanzia per qualche anno a Giakarta. Tornato negli USA, ha studiato alla Columbia University, specializzandosi (1983) in scienze politiche con indirizzo internazionale, e nel 1991si è laureato in legge all'univ. di Harvard, intraprendendo quindi l'attività forense a Chicago, dove si è occupato di diritti civili. Dal 1993 al 2004 ha insegnato diritto costituzionale presso la scuola di legge dell'univ. di Chicago.

Attività politica

O. si è accostato alla vita politica per la prima volta nel 1992, impegnandosi con il Partito democratico nella campagna presidenziale a favore di B. Clinton. Eletto nel 1996 al Senato dell'Illinois, dove ha conquistato notorietà di solido liberal impegnandosi in iniziative legislative a favore delle classi disagiate e delle minoranze, nel 2000 ha tentato senza successo la corsa al Senato federale. Ricandidatosi nel 2004, ha ottenuto il 70% dei voti popolari che, conquistati in gran numero anche nei distretti abitati prevalentemente dalla popolazione bianca, hanno già evidenziato la capacità di O. di raccogliere consensi trasversali. Nello stesso anno, un intenso e ispirato discorso programmatico tenuto alla Convenzione nazionale democratica di Boston lo ha proiettato sulla scena politica nazionale. Nel 2007, O. si è candidato alla presidenza degli USA. A capo di una serrata e protratta competizione con l'ex first lady e senatrice dello Stato di New York H. Rodham Clinton, generalmente giudicata favorita nella corsa - competizione che ha visto per la prima volta in campo per la presidenza del paese una donna e un afroamericano -, nell'agosto 2008 O., che peraltro non ha mai fatto della sua origine uno strumento elettorale, ha ottenuto la nomination alla Casa Bianca, indicando come vicepresidente, in caso di vittoria, J. Biden. Nella sfida con il candidato repubblicano J. McCain, in una campagna elettorale incentrata idealmente sul binomio cambiamento/conciliazione O., inizialmente svantaggiato anche dalla breve esperienza politica, ha guadagnato crescenti consensi nei più vari strati della popolazione, che ha saputo conquistare anche grazie al sapiente utilizzo di tutti i mezzi di informazione, compresa la rete Internet. Con un vasto impiego di blog, social network è riuscito a raccogliere fondi per la campagna elettorale, accompagnata da un forte consenso mediatico, e a ottenere un alto numero di voti, che hanno portato O. a conquistare la Casa Bianca e il Partito democratico a rafforzare la sua maggioranza sia alla Camera che al Senato. La sua elezione chiama, per l'entusiasmo popolare suscitato, a una svolta netta oltre a rappresentare, in un paese dove la questione razziale è tutt'altro che superata e dove il divario socioeconomico tra bianchi e neri è lontano dall'essere colmato, un evento storico, vedendo per la prima volta un afroamericano chiamato a rappresentare l'intera nazione statunitense.  Sulla realizzazione del suo programma, incentrato sul sostegno dell’occupazione, sull’alleggerimento fiscale per famiglie e imprese, sull’introduzione di forme di welfare, fra cui l’assistenza mutualistica, sugli investimenti pubblici nelle infrastrutture, sugli investimenti nella produzione di energie rinnovabili hanno pesato il protrarsi della crisi economica, con una preoccupante crescita della disoccupazione, e il riaccendersi delle ostilità sul fronte dell’Afghanistan e dell’Iraq, che nel 2010 ha richiesto l’invio di altri 30.000 uomini. Altra causa di preoccupazione nel 2010 è stato il disastro ambientale provocato dall’affondamento di una piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico. Negli anni successivi nonostante i successi sia in politica interna, con il salvataggio dell’industria automobilistica e l’approvazione della riforma sanitaria nel 2010, e quelli in politica estera con l’uccisione di O. Bin Laden e la fine della guerra in Iraq nel 2011, l’aggravarsi della crisi economica e l’aumento della disoccupazione hanno inciso negativamente sulla popolarità di O., che nel 2012 si è ricandidato per un secondo mandato contro il candidato repubblicano W. M. Romney. Dopo una dura battaglia elettorale, O. è stato riconfermato alla Casa Bianca per altri quattro anni, vincendo le elezioni di novembre 2012 contro il candidato repubblicano. Nel novembre del 2014 le elezioni di metà mandato hanno visto i repubblicani prevalere in entrambi i rami del Parlamento; la sconfitta democratica è stata interpretata come una bocciatura della politica di O., nonostante la ripresa dell'economia, poco interventista a livello internazionale e a livello interno per l’incerto lancio della riforma sanitaria e il mancato rinnovo delle leggi sull’immigrazione. Nel biennio successivo, di contro, si è meglio profilata una politica estera nuova, multilaterale e dialogante, che ha saputo ottenere risultati più con la diplomazia e il pragmatismo che con la forza bellica: in questo senso vanno citati, nel 2015, lo storico disgelo tra Stati Uniti e Cuba, le cui relazioni diplomatiche erano sospese dal 1961, l’accordo sul nucleare con l’Iran e, nel 2016, l’accordo sul clima di Parigi, preceduto dall’intesa bilaterale del 2014 con la Cina. Alla conclusione di otto anni di governo, la presidenza di O. – grazie soprattutto al risanamento dell’economia, tornata in salute dopo il difficile periodo post-crisi finanziaria – sembra aver raccolto ampi consensi, ottenendo l’approvazione del 45% degli statunitensi, sebbene restino aperti nodi cruciali quali la recrudescenza di tensioni razziali mai sopite, spesso associate a profonde diseguaglianze economiche, il perdurante blocco della riforma sull’immigrazione e la crisi interna prodotta dai ripetuti scontri istituzionali con l’opposizione, che hanno portato ad affacciarsi sulla scena politica forze anti-establishment populiste impersonate dal candidato repubblicano D. Trump, che alle consultazioni dell’8 novembre 2016 ha sconfitto la candidata democratica H. Clinton, subentrando nella carica al presidente uscente il 20 gennaio 2017. Tra le sue pubblicazioni: Dreams from my father (1995; trad. it. 2007); The audacity of hope (2006; trad. it. 2008); Of thee I sing (2010; trad. it. 2010); Farewell speeches (con M. Obama, 2017; trad. it. Yes, we can. Yes, we did. Discorsi di commiato, 2017); A promised land (2020; trad. it. 2020); Renegades. Born in the USA (2021; trad. it. 2021), raccolta di conversazioni con B. Springsteen.

Vedi anche
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Vocabolario
obamiano
obamiano s. m. e agg. Seguace e sostenitore di Barak Obama; di Barak Obama. ◆ gli obamiani pensano di prevalere alle primarie: «L’ascesa di Barak sarà inarrestabile» ha pronosticato il senatore Richard Durbin, il suo sostenitore più importante...
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selfie s. m. o f. inv. Autoritratto fotografico generalmente fatto con uno smartphone o una webcam e poi condiviso nei siti di relazione sociale. ◆  Una sfera rossa che si muove sullo schermo nero di uno smartphone e il gatto la segue con...
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