carte da giòco Cartoncini, in genere di forma rettangolare (in Occidente, mentre in India per es. sono tondi), recanti vari segni e figure e solitamente riuniti in mazzi di 40 o più, usati in svariati tipi di giochi (spesso anche d’azzardo), dagli illusionisti o nelle pratiche occulte (➔ cartomanzia). I mazzi più comuni sono essenzialmente di due tipi: di 40 carte o di 52 carte (trascurando eventuali jolly). Nel mazzo di 40, ciascun seme contraddistingue dieci carte: sette numerali che vanno dall'1 (detto asso) al 7 e tre figure. Nel mazzo di 52, ciascun seme contraddistingue tredici carte: dieci numerali, dall'asso al 10, e tre figure. I semi più diffusi nel mondo sono quelli detti francesi, composti da: cuori, quadri, fiori e picche. Altri semi comuni in determinate zone ‒ sono i tedeschi ‒ cuori, campanelli ghiande e foglie ‒ gli spagnoli ‒ coppe, denari, bastoni (massicci), spade (diritte) ‒ e gli italiani ‒ coppe, denari, bastoni (sottili), spade (ricurve). Le carte hanno sempre rispecchiato il gusto, la storia, il tessuto sociale dei rispettivi contesti. Per queste ragioni sono anche oggetto di collezionismo.
L’origine delle carte da gioco è incerta: forse sono state inventate dai cinesi o sono una derivazione indiana degli scacchi; sembra certo che non siano originarie di alcun paese d’Europa. È molto attendibile che gli Arabi le portassero, verso la metà del 14° sec., in Spagna, da dove si diffusero rapidamente nel mondo occidentale. I primi mazzi di carte furono i naibi e i tarocchi. I giochi di ‘carte numerali’ si differenziarono subito a seconda dei paesi e nell’ambito stesso di questi. In Germania, per es., sembrerebbe abbastanza evidente, sin dai primi mazzi, la derivazione del gioco delle carte da quello degli scacchi: si trovano infatti quattro serie in cui figurano un re, una regina, due cavalieri e un gruppo di carte numerali. Verso la fine del Trecento i tipi di mazzi più usati in Germania dovevano essere almeno cinque. Le prime carte tedesche (14°-15° sec.) erano di dimensioni notevoli (sino a cm 19 ™ 12) e riccamente decorate; i segni distintivi delle serie erano dati da soggetti animali, per lo più di caccia. Nel 15° sec. si adoperarono anche carte rotonde, di finissima fattura. Ma accanto a questi esempi di lusso si diffusero carte più popolari, con le serie contraddistinte da semi differenti, come scimitarre, coppe, melograni, bastoni e simili. Verso la fine del 15° sec. le carte tedesche assunsero dimensioni minori e i semi si fissarono in cuori, campanelli, foglie e ghiande.
Le carte francesi assunsero sin dai primi tempi i semi poi conservati sino ai nostri giorni: cuori, quadri, fiori (trifogli) e picche. Nel 15° sec. le carte, in Francia come in altri paesi, presentavano soggetti svariati: personaggi storici, famosi, o anche puramente fantastici con le funzioni di re, regina e fante nei mazzi. Nel Cinquecento cominciarono le carte satiriche a contenuto politico, come quelle che rappresentavano il re Enrico III con il ventaglio e la regina con lo scettro. Nel Seicento si ebbero carte di fantasia, con punti segnati da animali, frutti, fiori, emblemi ecc. Le variazioni di atteggiamenti e costumi, da periodo a periodo e da luogo a luogo di fabbricazione, si accentuarono ancor più nel 18° sec., quando rivestirono particolare importanza le carte con motivi ispirati alla Rivoluzione. Nel 19° sec. l’epoca napoleonica ispirò le carte raffiguranti imperatori, re e regine, disegnate da J.-L. David e incise da B. Andrieu. Con la Restaurazione ritornarono i gigli, che scomparvero nuovamente con Luigi Filippo; sono da segnalare inoltre le curiose fantasie, composte a più riprese da A.-G. Houbigant, in cui appaiono personaggi della storia di Francia, raffigurazioni di mestieri, costumi diversi, mode e attori teatrali, personaggi di romanzo. Ai primi dell’Ottocento si adottarono in Francia le carte a due teste, la cui origine è probabilmente italiana e che si prestarono a fini scherzosi, satirici, politici.
In Italia le carte numerali, tuttora popolarissime nonostante la diffusione delle carte francesi, hanno conservato sino ai nostri giorni i quattro semi dei tarocchi: coppe, danari, bastoni, spade. I tipi regionali sono caratterizzati dalle stesse rudimentali figurazioni adottate dai primi fabbricanti, consacrate ormai da una tradizione più che secolare, e quindi entrate nel pieno gusto o, meglio, nell’abitudine del consumatore: ci sono i tipi piemontese, genovese, lombardo, piacentino, trevisano, padovano, romagnolo, fiorentino, viterbese, barese, siciliano. Sostanziali somiglianze iconografiche con quelle italiane hanno le carte spagnole, i cui primi notevoli esempi originali sono del 16°-17° sec., dove però si osserva la soppressione del dieci e la sostituzione della regina con un cavaliere.