Sostanze in grado di effettuare un’efficace azione di pulizia di una superficie, operando però in modo diverso dagli smacchiatori (➔) che esercitano un’azione solvente sullo sporco. La gran parte appartiene alla classe delle sostanze tensioattive, cioè capaci, se sciolte in acqua, di abbassare la tensione interfacciale nei sistemi liquido-solido e solido-solido. Pertanto tali sostanze favoriscono la bagnabilità dei solidi, l’eliminazione del sudiciume, la dispersione delle particelle solide, l’emulsione dei solidi e la formazione di schiume. Appartengono ai d. i saponi (➔); grande importanza hanno acquistato dopo la Seconda guerra mondiale i d. sintetici posti in commercio con vari nomi di fantasia.
Le ricerche per ottenere d. sintetici iniziarono fin dal 1920, per la necessità dell’industria tessile di reperire un agente tensioattivo capace di operare in acque dure e acide. Il primo prodotto commerciale risale al 1935. Dopo la Seconda guerra mondiale i d. sintetici hanno invaso il mercato, fino a rappresentare un’aliquota molto elevata della produzione totale di detergenti. Si possono suddividere in quattro categorie, in relazione all’attività ionica: d. cationici, anionici, anfoteri e non ionici; i più importanti, per produzione, sono gli anionici e i non ionici. In relazione agli impieghi i d. possono suddividersi in d. per bucato, d. per capi delicati, d. per stoviglie, d. per la pulizia della casa; è inoltre disponibile sul mercato una vasta gamma di prodotti complementari al lavaggio, quali ammorbidenti, sbiancanti, attivatori, pulenti, smacchianti, emollienti ecc.
La composizione dei d. è in funzione del substrato sul quale devono esplicare la loro azione (indumenti, stoviglie, superfici varie), del tipo di lavaggio (a mano o in lavatrice) e dello stato fisico del prodotto stesso (polvere, liquido; normale, concentrato, superconcentrato). Per i d. destinati al bucato si usano tensioattivi anionici principalmente del tipo alchilarilsolfonato, relativamente di basso costo, efficaci e che producono un’abbondante schiuma. Per indumenti delicati si impiegano di solito miscele di alchilsolfati e alchilarilsolfati (cioè miscele di sali di esteri solforici di alcol alifatici superiori o alifatico-aromatici). Nell’industria tessile, come coadiuvanti per la sbianca e la mercerizzazione, si usano sapone e alchilsolfati e alchilarilsolfonati. Per i trattamenti acidi, specie a caldo, praticati sulla lana, si usano alchilarilsolfonati, stabili anche in queste condizioni. Per le macchine lavatrici si impiegano tensioattivi non ionici, composti, cioè, capaci di dare poca schiuma che deve rompersi appena si forma (d. a schiuma frenata), per non ostacolare il lavaggio e lo scarico. Nei d. per lavastoviglie si impiegano solo piccole quantità di tensioattivi non ionici, a bassissima schiuma, insieme a sali alcalini. Per il lavaggio delle stoviglie a mano si usano alchilarilsolfonati da soli o in miscela con alchilsolfati. I d. liquidi per pavimenti sono costituiti per lo più da tensioattivi anionici e non ionici insieme a pirofosfato alcalino.
In Europa, dove è specialmente diffuso il lavaggio a temperature di 90÷95 °C, si tende a limitare questa temperatura a circa 60 °C, con un risparmio energetico di circa il 50%; ciò è realizzabile attraverso un drastico cambiamento della formulazione dei d.: minori contenuti di acqua, adozione di sbiancanti chimici più efficaci alle basse temperature (per es., impiego del percarbonato al posto del perborato), uso massiccio di enzimi (al fine di assicurare non soltanto maggiore pulizia alle basse temperature, ma anche il ripristino delle caratteristiche delle fibre). La linea di tendenza è verso formulati attivi anche a temperature più basse (intorno a 40 °C).
Fra i numerosi additivi che si aggiungono all’agente tensioattivo propriamente detto vi sono: a) i polifosfati di sodio (attualmente sostituiti, parzialmente o totalmente, da citrato di sodio e zeoliti artificiali), che stabilizzano il pH delle soluzioni d., sequestrano i sali di calcio e di magnesio, presentano un buon potere peptizzante verso il sudiciume solido e, soprattutto, un’azione sinergica con il tensioattivo nel fenomeno della detergenza; b) i silicati di sodio, che diminuiscono la viscosità delle paste durante il ciclo di lavorazione e inibiscono eventuali processi corrosivi; c) la carbossilmetilcellulosa (presente in percentuale dall’1 al 2%), che impedisce la rideposizione del sudiciume asportato (analoghe proprietà mostrano gli acidi poliacrilici e i poliacrilati); d) gli sbiancanti, che agiscono chimicamente su quelle macchie nei confronti delle quali la sostanza tensioattiva non ha effetto; a tale scopo la sostanza più frequentemente usata è il perborato di sodio, specie nei prodotti per lavatrici nelle quali si raggiungono temperature relativamente alte, necessarie affinché il perborato possa esplicare efficacemente la sua azione; per prodotti destinati a temperature di esercizio inferiore è diffuso l’uso del sale sodico o potassico dell’acido dicloroisocianurico, dotato di azione oltreché sbiancante anche disinfettante; e) gli sbiancanti ottici, che hanno la capacità di assorbire la luce ultravioletta convertendola in luce visibile nella banda dell’azzurro, ottenendo così dal tessuto lavato una maggiore impressione di bianco. Mentre in alcuni d. si aggiungono stabilizzanti di schiuma (ammidi di acidi grassi, amminoalcol), in altri si impiegano agenti antischiuma, cioè sostanze che ne facilitano l’eliminazione (per es., siliconi).
I d. trovano un largo uso anche in biochimica per solubilizzare proteine e lipidi scarsamente solubili in acqua. I d. più comunemente adoperati sono il dodecilsolfato di sodio, la saponina, il triton X 100, il desossicolato. In particolare i d. risultano indispensabili per favorire la lisi delle membrane cellulari, la scissione delle proteine polimeriche nei singoli monomeri e per lo studio del peso molecolare delle proteine.
I d. provenienti da insediamenti umani e industriali e riversati nei corpi idrici (canali, fiumi, laghi, mari ecc.) sono particolari agenti inquinanti soprattutto perché possono dar luogo a formazione di schiuma, che, oltre alle conseguenze di carattere estetico, limita l’aerazione, con le conseguenti implicazioni sul potere autodepurante del corpo idrico. Inoltre i d. possono mostrare una tossicità diretta nei confronti della vita acquatica. I d. sintetici a base di alchilbenzensolfonati di sodio del tipo ramificato (ABS-r) sono scarsamente biodegradabili, cioè non suscettibili di rapida demolizione della struttura molecolare per effetto di microrganismi: ciò rende persistenti le schiume prodotte da questi d., esaltandone gli effetti negativi. Gli alchilbenzensolfonati di sodio del tipo lineare (ABS-1) sono caratterizzati da una velocità di biodegradazione maggiore, sebbene possano talvolta risultare più tossici, soprattutto per alcune specie della fauna acquatica. L’inquinamento delle acque da d. può provenire anche dagli additivi che si aggiungono all’agente tensioattivo propriamente detto; così, per es., i polifosfati, che nelle prime formulazioni apparse costituivano fino al 50% in peso del prodotto messo in commercio, possono aumentare il contenuto in fosforo delle acque in modo tale da dar luogo a una abnorme crescita algale con conseguente eutrofizzazione del corpo idrico; sono stati sostituiti perciò con altri prodotti (zeoliti, citrato di sodio ecc.). È da osservare, infine, che il problema dell’inquinamento da d. può riguardare non soltanto le acque superficiali, ma anche quelle presenti nelle falde freatiche.