Sistema costituito da un liquido disperso in un altro liquido o da un solido disperso in un mezzo gelatinoso.
L’e. è costituita dalla dispersione di goccioline di un liquido in un altro nel quale esse sono completamente (o quasi) insolubili; i due liquidi costituiscono fasi distinte chiamate rispettivamente fase dispersa o discontinua e fase disperdente o continua. La stabilità di un’e. (cioè la tendenza dei globuli dispersi a non riunirsi fra loro e raccogliersi in superficie o al fondo) dipende da numerosi fattori quali la grandezza delle particelle, la differenza di densità delle due fasi, la temperatura e l’agitazione durante la preparazione, ma soprattutto dalla natura e quantità di un agente stabilizzante, detto emulsionante, che modifica le proprietà chimico-fisiche della superficie di separazione tra i due liquidi abbassandone la tensione interfacciale. Un’e. di solito è torbida, opaca, translucida od opalescente, perché diverso è l’indice di rifrazione dei liquidi delle due fasi; però, se essi si eguagliano, si hanno e. trasparenti. Esempi di e. sono offerti da molti alimenti (latte, burro, maionese), cosmetici (creme, lozioni, unguenti), medicamenti (e. di olio di fegato di merluzzo), detersivi, insetticidi, erbicidi, lubrificanti, vernici, lacche, resine, bitumi. Si usano e. nel lavaggio a secco dei tessuti, nella impermeabilizzazione dei tessuti, nel trattamento del cuoio e nella lavorazione dei metalli. Particolarmente importante per la sua rapidità è il processo di polimerizzazione in emulsione. E. stabili possono essere ottenute con vari accorgimenti, in particolare l’agitazione, lo spruzzamento e le oscillazioni. Si ha la rottura di un’e. quando le particelle disperse iniziano a riunirsi; aderendo fra loro danno luogo a una fase continua o anche a grossi grumi, che si raccolgono in superficie o al fondo a seconda della loro densità. Questa rottura, anche piuttosto rapida, di una e. può essere in molti casi desiderabile e si può realizzare con mezzi meccanici, chimici, elettrostatici che in genere distruggono o neutralizzano l’azione dell’agente emulsionante. Così, per es., acqua e petrolio formano, all’atto dell’estrazione dai giacimenti, una e. che occorre rompere quando si vuole sottoporre il petrolio a lavorazione; analogamente, la gomma naturale è presente sotto forma di e. nel latice. Tale stabilità viene mantenuta durante il trasporto fino ai posti di lavorazione dove l’e. viene rotta per consentire la separazione della gomma (➔) dal liquido residuo.
Per la preparazione di e. si usano dispositivi detti emulsionatori (o emulsori), atti a produrre una e. stabile disperdendo una fase in un’altra, sotto forma di particelle minute, così da limitarne la coalescenza e quindi la rottura dell’emulsione. La scelta del tipo di emulsionatore dipende dalla natura delle sostanze da emulsionare, dalla facilità con la quale esse si possono disperdere, dalla presenza di un agente emulsionante e dalla sua efficacia, dal grado di stabilità dell’e. ecc. Per sostanze facili da disperdere può bastare un agitatore (a palette, a elica ecc.) azionato da un motore veloce. Efficiente è il mulino colloidale, costituito da un rotore (a cono, disco, cilindro, ecc.), che ruota a grande velocità entro uno statore quasi a contatto delle pareti di quest’ultimo.
Si chiama e. lo strato, o gli strati sovrapposti, di gelatina sensibile alla luce, che vengono deposti sopra un supporto di vetro, carta, triacetato di poliestere ecc., per costituire lastre, pellicole o carte fotografiche. L’e. è costituita prevalentemente da cristalli microscopici di alogenuro d’argento fatti precipitare, a temperatura fissata, in una soluzione di gelatina in cui è presente bromuro di ammonio o cloruri di collodio. La luce agisce sull’e. formando un’immagine latente sviluppabile. Per accrescere la sensibilità della luce propria degli alogenuri d’argento, il prodotto viene fatto maturare in due fasi distinte: prima nella fase fisica di Ostwald e successivamente, dopo lavaggio e rifusione, in una seconda fase onde facilitare la formazione di germi di solfuro di argento nei granuli di bromuro. Quanto maggiori sono le dimensioni del granulo, tanto più facile è la cattura del fotone. Di conseguenza, la sensibilità dell’e. aumenta con la grana dell’immagine. Perciò i granuli delle e. alto-sensibili negative hanno i granuli di forma tabulare (e. tabulari piatte), offrendo così una più ampia superficie per la cattura del fotone. All’atto dello sviluppo i granuli riprendono la tradizionale natura cristalliforme. Sugli alogenuri d’argento agiscono soltanto radiazioni di lunghezza d’onda inferiore ai 540 nm; affinché intervengano anche le altre radiazioni dello spettro visibile occorre trattare l’e. con particolari sostanze coloranti (sensibilizzatori). Dal 1883, a opera di H.W. Vogel, sono nate così le e. isocromatiche, ortocromatiche e, infine, pancromatiche, con sensibilità equilibrata a tutto lo spettro.
Le e. di materiale fotosensibile destinato alla fotocomposizione e ai processi fotomeccanici di preparazione delle forme da stampa non sono sensibilizzate ai diversi colori, perché la selezione dei colori viene operata in modo da ottenere negativi o positivi in bianco e nero; la ricostruzione dei colori è ottenuta per stampe successive sullo stesso foglio, ciascuna con un inchiostro colorato.
E. di bitume (e. bituminose). Sono largamente impiegate nel campo delle pavimentazioni stradali, sia per trattamenti superficiali a freddo, sia per preparare pietrischetti bituminati. La percentuale di bitume si aggira intorno al 50%. Come sostanze emulsionanti si impiegano saponi alcalini.