Etiopia
Gerografia umana ed economica
di Paolo Migliorini
Stato interno dell'Africa orientale. Secondo stime del 2005 l'E. conta 73.053.000 abitanti e occupa una posizione di retroguardia (159° posto su 164) nella graduatoria dei Paesi classificati in base all'indice dello sviluppo umano elaborato dalle Nazioni Unite (speranza di vita alla nascita inferiore a 50 anni; tasso di alfabetizzazione 43%; reddito pro capite corretto in base alla capacità di potere d'acquisto: 800 dollari). Il tasso di accrescimento annuo è relativamente basso (2,36%), nonostante che il tasso di fecondità (5,3 nati per donna) sia tra i più elevati del mondo.
L'economia resta fondata essenzialmente sul settore agricolo, che contribuisce alla formazione del 40,1% del PIL, al 60% del valore delle esportazioni e all'80% dell'occupazione totale. Il caffè è tuttora un prodotto cardine per l'economia, ma i prezzi storicamente bassi hanno indotto molti coltivatori a rimpiazzare questa coltura con il qat (arbusto le cui foglie contengono un alcaloide eccitante), considerato più redditizio. L'agricoltura è pesantemente condizionata da ricorrenti periodi di siccità, nonché dall'insicurezza del possesso della terra: per legge tutta la terra dell'E. appartiene allo Stato, e i contadini sono riluttanti a investire per aumentare la produttività quando non hanno titolo di possesso sulla terra che lavorano. Inoltre, il governo non è ancora riuscito ad abolire il tradizionale sistema feudale che sottopone i contadini a pesanti imposizioni fiscali. In complesso nelle annate non siccitose la produzione è risultata in crescita: la produzione di cereali e legumi, per es., è aumentata da 7,5 milioni di t nel 1994-95 a 12,6 nel 2001, ma il deficit cerealicolo permane superiore alle 500.000 t annue. Metà della popolazione rimane disperatamente povera ed esposta a ricorrenti crisi alimentari. In annate normali, 5 milioni di etiopi necessitano di aiuti alimentari; in occasione dell'ultima grande siccità che ha colpito il Paese nel 2002-03, 13 milioni di abitanti sono sopravvissuti proprio grazie a questi aiuti. Nei periodi di crisi alimentare le risorse impiegate per gli aiuti d'urgenza sottraggono finanziamenti destinati all'avvio di progetti di carattere strutturale (iniziative per consentire l'accesso generalizzato all'acqua e alle infrastrutture sanitarie, investimenti nell'agricoltura e indispensabili riforme agrarie).
Per fronteggiare la crisi ecologica il governo ha avviato nel 2004 un progetto di reinsediamento nel Sud del Paese di 2,2 milioni di abitanti che vivono in regioni desertificate del Nord. Un trasferimento di masse di questa portata ha suscitato perplessità nella comunità internazionale, anche in considerazione dell'esito fallimentare di un'analoga operazione, fortemente dirigista, voluta negli anni Ottanta del Novecento dal dittatore H. Mangestù. Tanto più che a queste popolazioni vanno ad aggiungersi, in conseguenza di vari conflitti, un gran numero di profughi interni (valutati a più di 150.000). La guerra di confine combattuta tra l'E. e l'Eritrea fra il 1998 e il 2000, costata 70.000 morti, e provvisoriamente conclusasi con un fragile armistizio, ha provocato lo sradicamento di oltre 60.000 abitanti dalla regione del Tigrè. A questi vanno aggiunti almeno altri 50.000 abitanti costretti a emigrare dal distretto di Gambela a causa di scontri etnici, nonché decine di migliaia di abitanti coinvolti in ulteriori conflitti interetnici nello Stato-regione Somalia e lungo il confine tra gli Stati-regioni Somalia e Oromia. Alla radice delle tensioni etniche che danno luogo a spostamenti di popolazione stanno la scarsità di risorse e la politica governativa che ha diviso il Paese in Stati-regioni secondo confini etnici, senza peraltro assicurare un'adeguata protezione alle minoranze.
Storia
di Emma Ansovini
A più di un decennio dal profondo rivolgimento politico che nel 1991 aveva portato al potere il Fronte democratico rivoluzionario del popolo etiopico (FDRPE), guidato da M. Zenawi, i problemi fondamentali del Paese non apparvero superati. In primo luogo le divisioni etniche rimasero forti, costituendo un costante elemento di instabilità. Il 'federalismo etnico' previsto dalla Costituzione del 1994, che prevedeva la divisione del Paese in nove unità amministrative dotate di larghe autonomie, non diede infatti i frutti sperati. Il nuovo assetto sembrò del resto pensato in funzione dei gruppi etnici maggioritari nonostante il Paese conti più di ottanta etnie. Avviato in modo affrettato con funzionari spesso privi delle competenze necessarie, risentì inoltre del controllo poliziesco del governo centrale, ossia del partito al potere. In alcuni degli Stati il federalismo finì quindi per alimentare le divisioni o le tendenze separatiste invece di attenuarle: tra il novembre 2003 e l'aprile 2004 violenti scontri con centinaia di morti sconvolsero la regione di Gambela, una delle più composite dal punto di vista etnico, e resero necessario un massiccio intervento dell'esercito mentre tra gli Oromo, nonostante l'autonomia, continuarono a persistere tendenze separatiste. La debolezza del processo democratico con la ricorrente violazione dei diritti civili e i limiti posti ai sindacati, ai partiti e alla stampa contribuì a generare un malessere sociale che, privo di sbocchi politici, esplose spesso in forme violente, come quando, nell'aprile 2001, disoccupati e studenti si scontrarono nella capitale con la polizia causando decine di morti. La situazione migliorò dopo le elezioni legislative del 2000, vinte con larga maggioranza dal FDRPE, ma contrassegnate da brogli, intimidazioni e violenze. Soltanto in vista delle consultazioni del 2005 sembrò manifestarsi qualche apertura: nel gennaio fu varata una nuova normativa che, pur negando all'opposizione di nominare rappresentanti nella commissione elettorale, riduceva il numero delle firme necessarie per la presentazione delle candidature e portava a soli sei mesi la residenza per essere iscritti alle liste elettorali. Era prevista inoltre la presenza di osservatori internazionali.
Le elezioni del 15 maggio, che dovevano mostrare quindi un Paese incamminato verso la democrazia, si risolsero in qualcosa di assai diverso. Svoltesi con una massiccia partecipazione, videro l'opposizione riunita, per la prima volta, in due importanti coalizioni, l'Unione delle forze democratiche dell'Etiopia (UFDE) e la Coalizione per l'unità e la democrazia (CUD). La diffusione, ai primi di giugno, di dati ufficiosi da parte della commissione elettorale favorevoli ai partiti al potere scatenarono le proteste dell'opposizione che accusava il governo di brogli. Seguirono manifestazioni nella capitale represse con brutalità dalle forze dell'ordine con centinaia di feriti e più di trenta morti. I risultati definitivi furono resi pubblici solo in agosto: confermarono la maggioranza dei seggi al FDRPE, ma registrarono anche una netta affermazione dell'opposizione segnando così la fine del potere incontrastato della coalizione di governo. Le denunce degli organismi internazionali sulle illegalità che avevano connotato le operazioni di voto, offuscarono l'immagine di Zenawi all'estero incrinando i suoi rapporti con la Gran Bretagna e con gli Stati Uniti: Londra congelò in giugno gli aiuti, mentre Washington e l'Unione Europea chiesero l'istituzione di una commissione d'inchiesta indipendente sui disordini seguiti alle elezioni. Le difficoltà di ordine politico si sommarono a una situazione economica segnata da ritardi strutturali: nonostante l'introduzione di alcuni elementi di modernizzazione, l'E. continuò a essere uno dei Paesi più poveri del mondo. Un ulteriore elemento di instabilità era costituito dalla 'pace armata' con cui si era conclusa la guerra con l'Eritrea (1998-2000). Il trattato stipulato nel dicembre 2000, in applicazione degli accordi firmati a giugno ad Algeri, stabilì la creazione di una zona smilitarizzata di 25 km sorvegliata dalle truppe dell'ONU e l'istituzione di una commissione di arbitrato neutrale per la definizione dei confini. Nell'aprile 2002 i risultati dei lavori della commissione, che assegnarono all'E. quattro delle cinque zone contestate, ma non il villaggio etiope di Badme, vennero accettati ma con la richiesta di alcuni aggiustamenti, richiesta che nel novembre 2004 fu rifiutata dal governo di Asmara. Il governo di Addis Abeba mantenne un atteggiamento più conciliante di quello eritreo nei confronti dell'ONU, pur continuando ad ammassare truppe al confine, e a violare l'embargo internazionale e ad acquistare armamenti.
Bibliografia
F.F. Pratico, Nel Corno d'Africa. Eritrea e Etiopia tra cronaca e storia, Roma 2001.
M. Alberizzi, La pace fredda tra Etiopia/Eritrea, in Aspenia, 2005, 29, pp. 208-14.