Per forma degli atti s’intende la veste esteriore che un atto deve assumere affinché l’ambiente sociale ne venga a conoscenza e l’ordinamento giuridico gli attribuisca rilevanza. Quando l’atto presenta elementi di estraneità rispetto all’ordinamento italiano, la forma è disciplinata dalle norme italiane di diritto internazionale privato.
In particolare, l’art. 26 delle disposizioni preliminari al codice civile del 1942 disponeva che la forma degli atti tra vivi e degli atti di ultima volontà fosse regolata dalla legge del luogo ove era compiuto l’atto, o da quella che regolava la sostanza dell’atto, ovvero dalla legge nazionale del disponente, o da quella dei contraenti qualora fosse comune. Il 2° comma della suddetta disposizione assoggettava inoltre le forme di pubblicità degli atti di costituzione, di trasmissione e di estinzione dei diritti sulle cose alla legge del luogo in cui esse si trovavano.
La l. 218/1995, di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, non contiene una norma generale al riguardo, ma una serie di disposizioni che regolano alcune tipologie di atti. Così, l’art. 28 stabilisce che il matrimonio è valido, quanto alla forma, se considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione o dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi o dalla legge dello Stato di comune residenza al momento della celebrazione. Per il testamento, l’art. 48 afferma che esso è valido quanto alla forma se considerato tale dalla legge dello Stato in cui il testatore ha disposto o dalla legge dello Stato di cui lo stesso, al momento del testamento o della morte, era cittadino o in cui aveva domicilio o residenza. Per la donazione, l’art. 56 co. 3 stabilisce che essa è valida, quanto alla forma, se è considerata tale dalla legge che ne regola la sostanza o dalla legge dello Stato nel quale l’atto è compiuto.
Nel caso in cui la legge 218/1995 nulla preveda espressamente, è ritenuta applicabile alla forma degli atti la stessa legge richiamata, in base alle norme di diritto internazionale privato, a disciplinare la materia.
Per quanto riguarda la pubblicità degli atti l’art. 55 della l. 218/1995 riproduce il 2° co. del sopracitato art. 26 disp. prel. c.c., stabilendo che essa è regolata dalla legge dello Stato in cui l’atto è compiuto.