asbùrgico, Impèro Con la denominazione I.a. si fa riferimento al complesso e articolato dominio imperiale che la dinastia degli Asburgo esercitò per secoli in Europa, dapprima alla guida del Sacro romano impero (dal 15o al 19o sec.) e poi, dopo l'età della Rivoluzione francese e di Napoleone, dell'Impero d'Austria (dal 19o al 20o sec.). L'I.a. giocò un ruolo decisivo nella politica europea dell'età moderna e contemporanea, ma fu progressivamente indebolito dalla sua struttura tipicamente 'multinazionale', che con il tempo pose le premesse della sua dissoluzione, avvenuta all'indomani della Prima guerra mondiale.
Le prime radici della potenza degli Asburgo risalgono al 12o sec. e derivarono dai legami di fedeltà che essi, originari dell'Alsazia, strinsero con la dinastia germanica degli Hohenstaufen, in possesso della corona imperiale dal 1138 al 1254. Una svolta importante si ebbe nel 1273, quando gli Asburgo - con Rodolfo I e poi con Alberto I (1255-1308) - ottennero per la prima volta la corona del Sacro romano impero. Durante quegli anni, infatti, forti anche dell'enorme prestigio legato a quella carica, consolidarono i propri possedimenti in Svizzera (persi poi nel 1474 per opera della Confederazione elvetica) e conquistarono l'Austria, che divenne la base più solida e duratura del loro potere. Dopo la morte di Alberto I, gli Asburgo perdettero la carica imperiale, ma continuarono a consolidare e a estendere i propri possedimenti verso oriente e nella penisola italiana. Tra il 1365 e il 1457 la casa degli Asburgo rimase divisa in due rami, il ramo albertino e il ramo leopoldino (rispettivamente da Alberto III e Leopoldo III), che si riunirono nuovamente, per l'estinzione della linea albertina, sotto Federico III (1415-1493), il quale fu anche eletto imperatore nel 1452. Dopo la sua morte, e fino alla dissoluzione del Sacro romano impero nel 1806, gli Asburgo mantennero ininterrottamente la carica imperiale.
Il primo e più immediato artefice della potenza degli Asburgo fu Massimiliano I, imperatore dal 1493. Pur non riuscendo nella difficile impresa di modernizzare la struttura dell'impero, con la sua intelligente politica matrimoniale pose le premesse per la straordinaria ascesa della dinastia che si realizzò con suo nipote Carlo V, il quale, quando ottenne nel 1519 la corona imperiale, aveva già riunito nelle sue mani il Regno di Spagna (di cui era divenuto sovrano nel 1516) e i Paesi Bassi, oltre naturalmente ai domini austriaci. Si consideri che allora la Spagna aveva vasti domini in Italia (sconvolta da una serie ininterrotta di guerre protrattesi dal 1494 al 1559) e soprattutto nei territori che stava colonizzando nell'America scoperta pochi anni prima da C. Colombo. Se a questi si aggiungono la Boemia, la Moravia e l'Ungheria, che Carlo V occupò negli anni Venti del 16o sec., è facile rendersi conto di quale posizione di dominio e di preminenza gli Asburgo avessero ormai conquistato nei primi decenni dell'Età moderna.
Il governo unitario di territori tanto vasti e diversificati doveva però rivelarsi impossibile. Il sogno di una monarchia universale - profondamente indebolito in Europa non solo dalla profonda rottura provocata dalla Riforma protestante ma anche dalla opposizione delle altre grandi potenze (in primo luogo la Francia) - fu infine accantonato dallo stesso Carlo. Egli infatti, quando abdicò nel 1556, divise l'immenso impero degli Asburgo in due domini separati: al figlio Filippo II attribuì la Spagna, con i possedimenti italiani e le colonie americane, e i Paesi Bassi; al fratello Ferdinando I andarono invece i domini austriaci e, con essi, la corona imperiale. Gli Asburgo tornarono così a dividersi in due rami, il ramo spagnolo (che si estinse con Carlo II nel 1700) e il ramo austriaco. A quest'ultimo vennero affidati i destini ulteriori dell'impero.
Tra il 16o e il 17o sec. gli Asburgo d'Austria agirono come strenui difensori della fede cattolica. Essi tentarono nello stesso tempo di sottomettere l'impero a una direzione unitaria, suscitando ampie opposizioni dentro e fuori i confini imperiali. Il risultato di questa duplice strategia fu una grande guerra - la guerra dei Trent'anni (1618-48) - che frustrò le aspirazioni degli Asburgo, sancendo la frammentazione del mondo tedesco e la divisione religiosa del continente europeo. Gli Asburgo ottennero, tuttavia, il Regno di Boemia e avviarono la riconquista dei Balcani contro i Turchi ottomani. Negli anni successivi la potenza asburgica andò progressivamente ridimensionandosi.
Con Maria Teresa, Giuseppe II e poi Leopoldo II l'I.a. divenne peraltro uno dei centri propulsori dell'assolutismo riformatore e conobbe un intenso processo di modernizzazione. Con Francesco II si consumò, nel corso delle guerre contro la Francia rivoluzionaria e napoleonica, la definitiva dissoluzione del Sacro romano impero (1806). Francesco II, ultimo imperatore di quella veneranda istituzione, divenne nel 1815, dopo il Congresso di Vienna, Francesco I come imperatore d'Austria.
Dopo la caduta di Napoleone e il Congresso di Vienna (1814-15) l'I.a., sotto l'energica guida del cancelliere K.W.L. von Metternich-Winneburg, divenne uno dei principali protagonisti della Restaurazione in Europa. Inquadrato insieme alla Prussia e a una grande molteplicità di Stati tedeschi minori entro la cd. Confederazione germanica, mantenne la sfera più immediata dei propri interessi prevalentemente nell'area danubiana, in Italia e in Germania. Tuttavia agì - entro il quadro della Santa Alleanza (Prussia, Russia e Austria) - a difesa dell'ordine politico e internazionale emerso al Congresso di Vienna. Gli Asburgo si mostrarono refrattari a qualsiasi riforma in senso liberale e costituzionale e a ogni prospettiva di emancipazione delle molteplici nazionalità a loro sottomesse, in primo luogo italiani, ungheresi e cechi. Sotto Ferdinando I l'impero fu investito nel 1848 dalla rivoluzione, che pose all'ordine del giorno contemporaneamente il problema della costituzione e la questione delle nazionalità. Proprio nel 1848 salì al trono Francesco Giuseppe, che rimase alla guida dell'impero sino alla vigilia della sua dissoluzione. Le forze della rivoluzione furono sconfitte e spietatamente represse. Minato in modo crescente dalla questione delle nazionalità, tuttavia, l'impero entrò in una lunga crisi. Sconfitto dalla Francia e dal Piemonte nel 1859, esso perdette gran parte dei suoi domini italiani. Sconfitto nuovamente dalla Prussia e dall'Italia nel 1866, fu pressoché interamente estromesso dalla penisola italiana e perse la sua residua influenza sul mondo germanico, in via di definitiva unificazione sotto l'egemonia prussiana. Fu quindi costretto a ripiegare su sé stesso e a modificare in parte il suo atteggiamento nei confronti delle altre nazionalità. Il risultato fu il 'compromesso' del 1867, che istituì la duplice monarchia austro-ungarica, riconoscendo alla minoranza ungherese importanti concessioni. Molte altre nazionalità - in primo luogo quella ceca - rimasero tuttavia schiacciate sotto il giogo della nuova costruzione politica. La crisi dell'I.a. multinazionale divenne poco per volta irreversibile, e l'ingresso nel primo conflitto mondiale a fianco della Germania e poi la disastrosa sconfitta ne segnarono la fine (1918).