L’inadempimento è la non esecuzione totale o parziale o la inesatta o non puntuale esecuzione di una obbligazione, per causa imputabile o non imputabile al debitore (artt. 1218-1229; 1256-1259; 1453-1466 c.c.). In senso stretto e generalmente, per inadempimento si intende quello dovuto a causa imputabile al debitore, cioè a sua colpa (difetto di diligenza) o dolo (cosciente volontà di non adempiere). L’inadempimento per causa non imputabile al debitore si riferisce alla forza maggiore e al caso fortuito e, secondo l’opinione che si ritiene preferibile, anche all’ipotesi in cui l’obbligazione in questione richieda in concreto al debitore un’attività che ecceda la diligenza del buon padre di famiglia di cui all’art. 1176 c.c. Gli effetti dell’inadempimento imputabile sono principalmente due: a) in capo al debitore sorge l’obbligo di risarcire il danno causato al creditore dall’inadempimento. A tale proposito, occorre ricordare che il risarcimento deve comprendere sia la perdita subita dal creditore che il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta; se l’inadempimento o il ritardo non dipende da dolo del debitore, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l’obbligazione; non è dovuto risarcimento per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, ma se vi è stato concorso del fatto colposo del creditore, il risarcimento è sempre dovuto ma è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate; salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell’adempimento si avvale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro; b) a seguito dell’inadempimento, il creditore potrà agire per il soddisfacimento coattivo del suo interesse attraverso l’esecuzione forzata. Nei contratti con prestazioni corrispettive, se l’I. di una delle parti non è di scarsa importanza, il contratto può essere risoluto (v. Risoluzione del contratto).