In vulcanologia, colata di fango formata da materiale piroclastico, che scende per gravità dopo essersi imbevuta di acqua lungo i fianchi di un vulcano; costituisce un effetto collaterale dell’attività di un vulcano, tipicamente di uno stratovulcano, ma si caratterizza per l’elevata capacità distruttiva: si stima infatti che tra tutti i fenomeni vulcanici il l. sia quello responsabile del maggior numero di vittime. I l. sono costituiti da una mistura di acqua e materiale solido di origine piroclastica (ceneri, lapilli, blocchi) che viaggia con velocità variabile da 40 m/s (sul pendio del vulcano) a 3-15 m/s fino a una distanza di 70-100 km dal cratere, la cui elevata mobilità rispetto ai franamenti rocciosi e detritici ‘secchi’ è causata dall’azione lubrificante dell’acqua. Questa velocità è in funzione dell’inclinazione del pendio del vulcano, della dimensione e della morfologia dei canali di scorrimento, delle caratteristiche reologiche del flusso e del volume e del contenuto di particelle solide trasportate (generalmente presenti in percentuali superiori al 60%, esse conferiscono al l. una resistenza interna tale da consentire il trasporto per considerevoli distanze di manufatti e blocchi rocciosi di grandi dimensioni). I meccanismi di formazione del l. sono riconducibili a 3 processi principali: a) eruzione in un lago craterico o rilascio dell’acqua di un lago craterico per rottura delle pareti provocata dall’eruzione; b) fusione rapida di un significativo volume di neve e ghiaccio alla sommità del vulcano; c) mobilizzazione per forti piogge del materiale vulcanico incoerente depositato sui fianchi del vulcano. Formazioni di l. connessi con il primo meccanismo sono state riscontrate in Indonesia (vulcano Kelut), nelle Filippine (vulcano Taal) e in Nuova Zelanda (vulcano Ruapehu). L. legati al secondo meccanismo si sono formati durante l’eruzione del Nevado del Ruiz, in Colombia, nel novembre 1985 e nell’ottobre 1996, durante quella del vulcano islandese Laki. Connessi al terzo meccanismo sono invece i l. che si formano in aree dove sono frequenti piogge torrenziali (essenzialmente le aree tropicali). Devastanti sono stati, tra il 1992 e il 1993, i l. formatisi a seguito dell’eruzione esplosiva del Pinatubo nelle Filippine. L. originatisi con questo meccanismo sono stati riscontrati anche in aree vulcaniche al di fuori della fascia tropicale: in Italia, per es., si sono formati sul Vesuvio durante le fasi finali delle eruzioni esplosive.
Con il termine l. si indicano anche i depositi rocciosi che si formano in seguito ai processi sopra descritti: essi presentano modesta classazione, con una matrice a grana fine (siltosa), e possono contenere blocchi di più di 1 m di diametro. Tali depositi hanno spessore variabile tra 0,5 e 50 m e non hanno in genere una stratificazione interna, per quanto localmente possano presentare gradazione normale e talvolta inversa.