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manomissione

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(o manumissione) Nell’antica Roma, atto con il quale il dominus (padrone) proclamava libero il suo schiavo, rinunciando alla potestà o manus che aveva su di lui e facendogli acquistare la libertà e la cittadinanza, con gli annessi diritti civili e politici. Tali effetti si perfezionavano, fin dall’età più antica, secondo tre diverse formalità, a scelta del dominus: la celebrazione di un finto processo di libertà davanti al magistrato (manumissio vindicta); l’iscrizione del servo direttamente nelle liste del censo (manumissio censu), la predisposizione di un’apposita clausola di ultima volontà (manumissio testamento). Lo schiavo acquisiva così la condizione di liberto, che gli imponeva, comunque, di rimanere in qualche modo legato al suo patrono, cui erano dovute manifestazioni di devozione morale e materiale. Nell’ultima fase della repubblica si diffusero forme di m. diverse dalle tre sopra descritte, alle quali però non si riconosceva un’efficacia piena, ma soltanto quella stabilita dal pretore, nell’esercizio discrezionale della sua giurisdizione, e dalla legislazione. Quest’ultima anzi intervenne, in età augustea, a porre un freno alla prassi, eccessivamente invalsa, delle m., sia introducendo un’imposta ad hoc (vicesima manumissionum), sia vietando di liberare i servi che non avessero raggiunto una certa età o, comunque, in numero eccedente un certo limite (leggi Fufia Canina ed Elia Senzia).

In epoca postclassica, con il definitivo affermarsi del cristianesimo come religione prima prevalente e poi ufficiale dell’impero, venne introdotta una nuova specie di m., la cosiddetta manumissio in ecclesia, perché l’atto doveva essere compiuto in un luogo di culto. Giustiniano, infine, intervenne a cancellare ogni limitazione alla possibilità di liberare gli schiavi, i quali erano d’altronde presenti, nella società cristiana, in quantità assai minore rispetto a quella dell’impero pagano.

La m. era conosciuta anche dal diritto germanico: lo schiavo diveniva libero (volkfrei), se la liberazione avveniva con l’intervento del popolo. Le formalità potevano essere varie.

Vedi anche
schiavitù schiavitù Condizione propria di chi è giuridicamente considerato come proprietà privata e quindi privo di ogni diritto umano e completamente soggetto alla volontà e all’arbitrio del legittimo proprietario. antropologia Da un punto di vista antropologico, la schiavitu è istituzione presente in numerose ... liberto Nell’antica Grecia, schiavo liberato, manomesso (➔ manomissione). I liberto greci, detti ἀπελεύϑεροι, mantenevano obblighi di varia natura nei confronti dell’ex padrone; politicamente non godevano dei pieni diritti cittadini, ma erano assimilati ai meteci. ● Nell’antica Roma era chiamato libertus chi ... Gaio Sènzio Saturnino Sènzio Saturnino ‹-z- ...›, Gaio (lat. C. Sentius Saturninus). - Uomo politico romano (sec. 1º a. C. - 1º d. C.); seguace di Sesto Pompeo, fu console nel 29 a. C.; legato propretore in Siria, fece un censimento nella Giudea (4-6 d. C.); combatté in Germania e ottenne gli ornamenti trionfali. n Il figlio ... Tito Flavio Domiziano (lat. T. Flavius Domitianus, poi Imp. Caesar Domitianus Augustus). - Figlio (Roma 51 d. C. - ivi 96) di Vespasiano e fratello di Tito, fu imperatore tra l'81 e il 96. Con l'obiettivo di rafforzare la struttura dell'Impero, da una parte attuò una politica di espansione territoriale (consolidamento della ...
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  • PRETORE
Vocabolario
manomissióne
manomissione manomissióne s. f. [dal lat. manumissio -onis, der. di manumittĕre: v. manomettere]. – 1. Nel diritto romano, l’affrancazione di uno schiavo, più spesso indicata dagli studiosi con la forma latineggiante manumissione (v.)....
bròglio
broglio bròglio s. m. [der. di brogliare]. – Intrigo, maneggio, spec. per ottenere cariche elettive: b. elettorale, manomissione dei risultati elettorali.
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