Medico e biologo (Crevalcore 1628 - Roma 1694). Addottoratosi in medicina e filosofia a Bologna (1653), decisivo per la sua formazione scientifica fu il periodo trascorso a Pisa (1656-59) come lettore di medicina teorica; qui, sotto l'influenza di G. A. Borelli, si convertì alla "filosofia libera e democritea". Di nuovo a Bologna (1659), come lettore di medicina teorica e, dal 1660, di medicina pratica, si trasferì di lì a poco a Messina (1662-66), dove ebbe la cattedra primaria di medicina. Dal 1666 fu ancora a Bologna, lettore di medicina pratica, finché, nel 1691, nominato archiatra di Innocenzo XII, si trasferì a Roma.
Centrale nella sua attività scientifica è l'utilizzazione del microscopio, che egli padroneggiava con grande perizia tecnica, grazie al quale dimostrò per primo che i polmoni sono un agglomerato di alveoli membranosi aprentisi nelle ultime ramificazioni tracheobronchiali e circondati da una rete capillare. Queste osservazioni, compiute sulla rana, permisero di riconoscere per la prima volta che il "parenchima" polmonare possedeva una struttura e di chiarire definitivamente, grazie alla scoperta delle connessioni capillari tra vene e arterie, la realtà della circolazione del sangue (De pulmonibus, 1661). Le ricerche neurologiche non sono di minore importanza. La scoperta dei recettori sensoriali linguali (De lingua, 1665) e cutanei (De externo tactus organo, 1665) si inserisce in una più ampia ricerca neuroanatomica. Nel De cerebro (1665) affermò che la sostanza del sistema nervoso centrale era composta dalle stesse fibre che formavano i nervi e le immaginò come minuti canali riempiti di liquido (il fluido nervoso) secreto dalla materia grigia cerebrale o, più precisamente, dalle "ghiandole cerebrali", la cui esistenza egli ritenne d'aver dimostrato (De cerebri cortice, 1666), senza avvedersi peraltro che i suoi risultati erano in realtà dovuti ad artefatti. Nondimeno egli riuscì a immaginare un meccanismo che comprendeva l'intera via nervosa dalla corteccia del cervello alle terminazioni periferiche dei nervi.
Grazie ad abili tecniche di colorazione mediante affusione e a iniezioni coloranti endoarteriose, giunse a dimostrare (De renibus, 1666) nel "parenchima ghiandolare" i ciuffi di vasi attaccati ai rami delle arterie interlobulari, credendo peraltro che le estremità ampollari dei tubuli renali (i cosiddetti corpuscoli di Malpighi) fossero racchiusi nei ciuffi vascolari. Nel corso di studî sul coagulo e sulla composizione del sangue (De polypo cordis, 1666) scoprì l'esistenza di una moltitudine di "atomi" rossi (globuli rossi) anticipando così una scoperta talvolta attribuita ad altri. Convinto assertore della necessità di studiare gli animali semplici ("microscopium naturae") per comprendere quelli più complessi, stabilì per via analogica che lo studio dei primi abbozzi non elaborati (grezzi) degli animali durante il corso dello sviluppo fosse particolarmente proficuo, gettando così le basi dei futuri rapporti fra embriogenesi e filogenesi, mentre l'embriologia diventava un prezioso aiuto per lo studio della morfologia dell'adulto. Su tali presupposti metodologici si basano i lavori embriologici (De bombyce, 1669; De formatione pulli in ovo, 1673) in cui descrisse l'area vascolare abbracciata dal seno terminale, il tubo cardiaco e la sua segmentazione, gli archi dell'aorta, i somiti, i campi neurali, le vescicole ottiche, il protofegato, le ghiandole del prestomaco e i follicoli delle piume. L'Anatome plantarum (1675 e 1679) lo colloca tra i fondatori dello studio microscopico dei vegetali.
M. studiò anche materiali patologici ottenuti durante le autopsie, riconoscendo la rilevanza delle lesioni locali e intuendo l'importanza dell'anatomia microscopica in patologia, per stabilire i rapporti fra le manifestazioni cliniche e la sede e la natura delle lesioni, gettando così per taluni aspetti le premesse della successiva opera morgagnana.