(lat. numen) La presenza e la volontà onnipotente della divinità, il dio stesso e qualunque essere divino.
Il termine latino numen è stato al centro di una vasta discussione, che si riferisce all’originaria configurazione delle divinità romane, ma investe e implica anche problemi generali circa la fenomenologia del politeismo e dell’esperienza del sacro. La discussione ha visto schierati da un lato i sostenitori dell’autenticità e dell’originarietà del politeismo romano, dall’altro gli assertori di una religione romana antichissima carente e priva di immagini divine personali e definite, e basata soprattutto sull’esperienza di un indifferenziato ‘divino’, paragonabile all’esperienza e alla rappresentazione del mana melanesiano, del manitu degli Algonchini ecc. Questo secondo indirizzo (definito di solito come ‘predeistico’, ‘dinamistico’, ‘primitivistico’) muove dalla constatazione che la religione romana presenta caratteristiche formalmente diverse da quelle della maggioranza delle grandi religioni politeistiche: povertà di mitologia, assenza di rapporti genealogici tra gli dei, preponderanza di divinità limitate a una sfera operativa estremamente circoscritta, o anche concepite nel solo ambito di una loro unica apparizione (Aius Locutius, il dio Rediculus). Da ciò i primitivisti hanno creduto di poter ravvisare nel lat. numen il nome di una potenza non configurata e ovunque diffusa, che si manifesta in accadimenti incessanti e al tempo stesso momentanei. I Romani, per es., avrebbero sperimentato primitivamente Marte e Iuppiter come presenze divine identificate in oggetti artificiali o naturali (l’hasta Martis, il fulgur conditum) provviste in alto grado di numen, e solo in un secondo momento le potenze in questione avrebbero assunto tratti personali definiti. In opposizione a ciò si osserva anzitutto che il lat. numen, che indica un cenno espressivo della testa (da una radice nu-, presente verbalmente in nutus e nei derivati ab-nuo, ad-nuo significanti il diniego e l’assenso), comporta l’immagine preliminare di una figura divina definita, della quale si rispecchia un ‘volere’ o una ‘potenza’. Del resto il termine fino all’età augustea è stato usato sempre in connessione con il nome di un dio personale in formule come numen Iovis, Cereris ecc., per poi diventare sinonimo di deus, termine posseduto dai Romani fin dalla loro preistoria linguistica e religiosa.