Sigla della proteina codificata dal gene oncosoppressore TP53 localizzato sul cromosoma 17p13.1. La proteina p53 rileva la presenza di DNA danneggiato e arresta le cellule nella fase G1 del ciclo cellulare, affinché si verifichino i processi di riparazione prima che il DNA alterato si replichi e sia trasmesso alle cellule figlie.
La proteina p53 è un fattore di trascrizione costituito da 393 amminoacidi. Contiene quattro domini funzionali: la regione N-terminale (regione transattivante), che regola la trascrizione interagendo con diversi fattori di trascrizione come la TBP (TATA binding protein); il fattore generale TFIIH (transcription factor IIH), che contiene subunità interessate nella riparazione del DNA e il fattore di trascrizione comune SP1; la regione centrale, che si lega a sequenze specifiche sul DNA presenti sui promotori dei geni regolati; la regione C-terminale, che presenta due domini parzialmente sovrapposti, uno dei quali riconosce e si lega al DNA danneggiato. La p53 attiva la trascrizione del gene codificante p21, un inibitore delle chinasi dipendenti dalla ciclina (Cdk), che si lega a molteplici complessi Cdk-ciclina e blocca la fosforilazione delle proteine necessarie alle diverse fasi del ciclo cellulare. Il legame di p21 ai complessi Cdk-ciclina è fondamentale per arrestare le cellule in fase G1 dopo l’induzione di danni al DNA e permettere la riparazione del danno. Per indurre il blocco nella fase G1 la proteina p53 reprime anche la trascrizione di altri geni coinvolti nella regolazione del ciclo cellulare, quali fos e jun, che codificano le subunità del fattore di trascrizione AP1, e il gene RB1 (➔ retina). Le proteine la cui sintesi viene invece stimolata da p53 sono GADD45 e Bax. GADD45 è una proteina di riparazione attivata anche da altre vie che rispondono al danno da radiazioni che blocca l’entrata delle cellule nella fase S del ciclo; Bax è una proteina coinvolta nell’induzione dell’apoptosi, antagonista della proteina Bcl-2 (➔ Bcl). Se il danno a carico del DNA è troppo esteso, oppure viene indotto in una fase tardiva del ciclo cellulare, l’attivazione di p53 induce la morte cellulare programmata (➔ apoptosi).
Mutazioni di TP53 sono presenti nella patologia ereditaria autosomica dominante nota come sindrome di Li-Fraumeni, caratterizzata da un’ampia varietà di forme di cancro a insorgenza precoce in successive generazioni. Nei tumori sporadici sono molto comuni le mutazioni somatiche di TP53, con conseguente perdita di attività di p53. Le mutazioni a carico di TP53 rappresentano le più comuni mutazioni riscontrate nei tumori umani e si verificano in più del 50% di tutti i tipi di cancro, in particolare nei tumori del cervello, del seno, dello stomaco, del fegato, del polmone, delle ovaie, della prostata, negli osteosarcomi e nella leucemia mieloide cronica. Studi degli anni 1990 hanno dimostrato che alcuni virus trasformanti, come l’adenovirus e il papovavirus SV40, svolgono la loro attività tumorigenica mediante l’inibizione di p53. Entrambi i virus codificano proteine che si legano a p53 determinando il blocco della trascrizione dei suoi geni bersaglio e quindi una proliferazione cellulare incontrollata. Questa caratteristica ha permesso di effettuare protocolli sperimentali di terapia genica dei tumori basati sull’impiego di un adenovirus mutante per una delle proteine che inibisce specificatamente p53. Questo virus mutato è incapace di replicarsi nelle cellule normali che esprimono p53, mentre si replica nelle cellule tumorali infettate e ne determina la distruzione.