(o polistirolo) Prodotto di polimerizzazione dello stirene (o vinilbenzene), uno dei polimeri più importanti dal punto di vista applicativo. È un polimero termoplastico; è trasparente, brillante, ha buona durezza, rigidità, non è igroscopico, ha buone caratteristiche meccaniche ed elettriche, bassa densità, è facile da stampare e da colorare.
Lo stirene polimerizza spontaneamente, ma lentamente, a temperatura ambiente; per la sua conservazione è necessaria l’aggiunta di un inibitore della polimerizzazione (per es. idrochinone). Industrialmente, il tempo necessario a formare il polimero si riduce notevolmente operando a caldo e con l’aiuto di catalizzatori; secondo le condizioni scelte (temperatura e durata dell’operazione, percentuale di catalizzatore) si ottengono catene più o meno lunghe, contenenti da 500 a oltre 2000 molecole di monomero. La polimerizzazione si può fare in vari modi: in massa, in emulsione, in sospensione, e, più raramente, in soluzione. Dagli anni 1990 la tecnologia di produzione si è fortemente rinnovata: i processi tradizionali di polimerizzazione discontinua in massa-sospensione sono stati sostituiti con processi continui in massa-soluzione, caratterizzati da costi minori e da più basso impatto ambientale. La colorazione si fa a secco, mescolando pigmenti colorati al p. all’atto dello stampaggio, ovvero per dispersione a caldo, disperdendo i pigmenti nel p. a caldo, facendo rammollire questo e lasciando che le sostanze colorate si incorporino uniformemente. Lo stampaggio si fa con presse a iniezione o per estrusione; tali operazioni si compiono a temperature inferiori in genere a 200-220 °C, usando pressioni e tempi di stampaggio variabili a seconda dello spessore degli oggetti da stampare. Si può favorire lo stampaggio usando p. lubrificato, addizionato cioè di piccole percentuali di stearato di zinco o di magnesio che ne aumentano la scorrevolezza. Un prodotto importante è il p. espanso che si può ottenere con vari procedimenti a seconda delle caratteristiche desiderate; il più usato consiste nel far sviluppare una notevole quantità di bollicine gassose in seno al polimero fuso e stabilizzare poi, per raffreddamento, la struttura ottenuta. Nel processo di produzione del p. espanso, dopo le limitazioni all’impiego dei clorofluorocarburi, usati in passato come agenti porofori, si ricorre a idrocarburi volatili (pentano) o anche ad anidride carbonica.
Il maggior impiego del p. si ha nell’imballaggio (oltre il 50% della produzione), grazie alle sue caratteristiche di stabilità dimensionale, lavorabilità, trasparenza, larga possibilità di colorazione. La forte concorrenza rappresentata dai prodotti poliolefinici, di minor costo, ha spinto i produttori a migliorare le caratteristiche del p.; in particolare, inviando il polimero appena ottenuto allo stato fuso in un degassatore mantenuto a pressione molto bassa, si ottiene una forte riduzione del tenore residuo di monomero; è così possibile usare i vari tipi di manufatti anche per avvolgere i prodotti alimentari. La facile lavorabilità del p. rende possibile ottenere manufatti o semilavorati per estrusione (fogli, film, lastre, tubi, profilati, monofilamenti). Nel caso di film destinati ad avvolgere prodotti alimentari si preparano coestrusi, cioè p. estruso contemporaneamente ad altri film. Il p. è impiegato anche nel settore dei prodotti tecnici (televisori, videocassette, accessori di elaboratori) e degli oggetti per la casa (elettrodomestici, oggetti da cucina). Notevoli prospettive di sviluppo sono prevedibili per i materiali polistirenici antiurto e per il p. sindiotattico con proprietà tipiche di un tecnopolimero.