Filosofo e teologo, detto doctor Universalis (Lauingen, Svevia, forse 1193 o 1200 o 1206 - Colonia 1280). Maestro di Tommaso d'Aquino, si impegnò a far conoscere la filosofia aristotelica con parafrasi e commenti degli scritti del filosofo. Grande fu il suo interesse per le scienze e per le esperienze di ordine fisico, ove è da notare l'attenzione posta all'osservazione del particolare. Pose una netta separazione tra filosofia aristotelica e teologia, nella consapevolezza che nella considerazione fisica della natura non si possono far intervenire principi miracolosi.
Nato, secondo recenti studi, da una famiglia di militari (e non dai conti di Bollstädt), studiò a Padova, e vi divenne domenicano (1223); dal 1228 insegnò successivamente a Colonia, Hildesheim, Friburgo, Ratisbona, Strasburgo e, probabilmente, dal 1245, a Parigi, ove divenne magister e dottore: ivi forse, e certo poi a Colonia ove andò nel 1248 a dirigere il nuovo Studium generale dell'ordine, ebbe scolaro Tommaso d'Aquino. Provinciale di Germania (1254-57), difese davanti alla curia papale in Anagni gli ordini mendicanti contro Guglielmo di S. Amore (1256); vescovo di Ratisbona, rinunciò (1260-61); fu predicatore della crociata in Germania (1263-64); si stabilì a Würzburg, quindi a Strasburgo (1267-70) e a Colonia; partecipò al concilio di Lione (1274); è dubbio che nel 1277 sia tornato a Parigi. Fu dichiarato santo e dottore della chiesa da Pio XI (16 dic. 1931), patrono dei cultori delle scienze naturali da Pio XII (16 dic. 1941); festa, 15 novembre.
La produzione letteraria di A. è abbondantissima (21 voll. nell'ediz. Jammy, Lione 1651, 38 nell'ediz. Borgnet, Parigi 1890-99, entrambe imperfette; è in corso dal 1951, a cura dell'Istituto Alberto Magno di Colonia, una nuova edizione di tutte le opere) e comprende scritti di "filosofia razionale" o logica, "reale" (fisica, matematica, metafisica) e "morale", e di teologia (esegesi biblica, teologia sistematica, parenetica). Molti sono commenti a opere di Aristotele, ma anche di Boezio e all'Isagoge di Porfirio, o a libri dell'Antico Testamento e ai Vangeli, agli scritti mistici dello pseudo-Dionigi Areopagita; numerosi i sermoni. Dell'autenticità di alcuni scritti attribuitigli si discute; qualche opera di lui è ancora inedita (tra cui di notevole importanza il commento allo pseudo-Dionigi).
A. è consapevole della grande importanza culturale di tutto il complesso di opere greche e arabe tradotte in latino nel giro di circa un secolo e ormai, alla metà del Duecento, diffuse e discusse negli ambienti scolastici; di qui il suo programma di "rendere intelligibile ai latini" la filosofia peripatetica, attraverso libere parafrasi delle opere di Aristotele, in cui faceva rifluire disordinatamente notizie e motivi accolti da altri autori greci e arabi. Preponderante influenza esercitarono sulla sua interpretazione dell'aristotelismo gli scritti platoneggianti di Avicenna e degli altri commentatori, e in particolare il Liber de causis che, attribuito ad Aristotele e considerato come l'ultimo dei suoi libri metafisici, dava una impronta e una prospettiva platonica a tutto il sistema peripatetico. Chiarissima è l'influenza platonica nel suo De causis et processu universitatis, in cui combinando motivi avicennistici e neoplatonici (accolti anche attraverso lo pseudo-Dionigi), prospetta una "processione" del molteplice dall'uno (Dio intellectus universaliter agens), secondo un processo degradante (che ricalca i temi della metafisica della luce) di "intelligenze" e di "cause", fino all'anima e alla natura materiale. Ma non è facile distinguere nell'opera "filosofica" di A. quello che è il suo pensiero e quanto invece è semplice "esposizione" del pensiero dei "peripatetici" (in cui indifferentemente classifica anche autori platoneggianti), tanto più che egli continuamente sottolinea la sua intenzione di "recitare" e spiegare la loro filosofia, nulla aggiungendo di proprio. Comunque la sua complessiva esposizione della filosofia peripatetica - con la forte accentuazione dei temi platonici - eserciterà grande influenza, soprattutto sulla scuola di Colonia (v. oltre). Notevole è la netta separazione ch'egli pone tra filosofia peripatetica e teologia, nella consapevolezza che "i principî fisici non si accordano con i principî teologici", e che nella considerazione fisica della natura non si possono far intervenire principî miracolosi: di qui la sua polemica contro il concordismo di filosofia peripatetica e teologia perseguito da certi "dottori latini" (tra i quali possiamo scorgere anche Tommaso d'Aquino), e la sua accettazione di certe tipiche dottrine averroistiche, accolte in sede di esegesi aristotelica (una tarda notizia indica Sigieri di Brabante come discepolo di A.).
L'interesse di A. per la filosofia naturale si manifesta nei suoi numerosi trattati scientifici (tra cui De animalibus, De vegetalibus, De mineralibus), ove è notevole il gusto per l'osservazione diretta della natura che si unisce sempre al carattere dossografico-erudito.
Scuola albertina di Colonia. Sotto questa denominazione la storiografia indica il gruppo di seguaci di Alberto Magno formatisi alla sua scuola; in particolare nel sec. 13° si ricordano Ugo Ripelin di Strasburgo, Ulrico di Strasburgo e Teodorico di Vriberg (con il discepolo Bertoldo di Moosburg). Caratteristica di questa scuola è il prevalere di motivi neoplatonici (metafisica della luce, dottrina dell'illuminazione come fondamento dell'intendere, ecc.), anche nell'interpretazione di Aristotele; quindi la larga utilizzazione così degli scritti di Proclo come di quelli dei platonici arabi, in particolare di Avicenna; significativo anche l'interesse per problemi di carattere scientifico (Teodorico di Vriberg).
Accademia e Società Alberto Magno. L'Albertus Magnus Akademie fu fondata dal card. Schulte a Colonia (1922), come Istituto cattolico di filosofia; l'Albertus Magnus Verein a Treviri (1899), per assistere gli studenti cattolici.