La sanzione è la conseguenza giuridica negativa che l’ordinamento riconnette a un’azione antigiuridica, qualificata come illecita. Nella dottrina contemporanea ha assunto grande rilievo la distinzione tra sanzioni negative, volte a scoraggiare, attraverso la previsione di pene, la violazione di una norma, e sanzioni positive, volte invece a incentivare l’osservanza delle norme, attraverso la previsione di premi. Sanzionare un’azione significa, pertanto, riconoscerla produttiva di effetti giuridici, ossia riconoscerla valida sul piano del diritto, sia in termini positivi che negativi. Nella specie, la sanzione presuppone un’azione ascrivibile a un soggetto libero e responsabile, riconducibile a un ordine complessivo di azioni che le dia significato e che produca effetti su altri soggetti. Dal punto di vista giusfilosofico, la sanzione tende a ristabilire oggettivamente una simmetria alterata, colpendo il responsabile. Essa non implica solo un giudizio di non conformità dell’azione all’ordine sociale, ma è ineludibile: non è cioè ipotizzabile un sistema sociale che non reagisca, in principio, alla violazione della coesistenzialità. In tal senso, essa è un dovere. La differenza sostanziale tra sanzioni positive e negative consiste proprio nel fatto che mentre l’illecito rende impraticabile la coesistenza, e dunque la sanzione è doverosa, la sanzione positiva non è dovuta: l’atto meritorio facilita la coesistenza, ma non incide sulla sua stabilità; premiare può essere doveroso a livello psicologico e motivazionale, ma non certo a livello strutturale. Questa dimensione della strutturalità della sanzione negativa emerge con chiarezza se la si pone a confronto con la vendetta, ossia la dimensione privata del fenomeno pubblico della sanzione: privata, proprio perché manca un organo istituzionale preposto alla composizione della controversia. L’istituzionalizzazione della sanzione è funzionale alla sua oggettività e corrisponde alla sua monopolizzazione da parte dello Stato (M. Weber). In tal senso, sotto il profilo strettamente giuridico, la sanzione non può che essere retributiva, ossia capace di fondare, non nell’arbitraria volontà del legislatore, ma nell’obiettiva gravità dell’illecito, la misura della pena. Sotto il profilo fenomenologico, contrariamente a quanto sostenuto nella teoria formale della sanzione di H. Kelsen, non è la norma sanzionatoria a rendere possibile l’identificazione dell’illecito, ma è la norma prescrittiva, che stabilisce quali comportamenti siano da considerarsi illeciti, a rendere identificabile la sanzione.
Con riferimento al diritto privato, il tipo classico di sanzione è il risarcimento del danno e la risoluzione dei contratti; sono previste tuttavia altre sanzioni, quali le indegnità previste in materia successoria (art. 463 c.c.), il caso di revocazione della donazione per ingratitudine (art. 801 c.c.), la decadenza dalla potestà sui figli (art. 330 c.c.). Non costituiscono in senso tecnico sanzione le cosiddette sanzioni d'invalidità (nullità, annullabilità, rescindibilità dei negozî giuridici), le quali costituiscono l'attuazione diretta della norma che esclude precisamente la tutela dell'ordinamento per i negozî non conformi alla volontà della legge.