Regola generale che limita la conoscibilità dei fatti durante le indagini preliminari. L’art. 329 c.p.p. stabilisce, infatti, che gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato (o l’indagato) non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari. Tale vincolo grava su tutti i soggetti che sono a conoscenza dell’atto di indagine e assolve alla funzione di proteggere la ricerca della verità rispetto ad atti che possono precludere la genuina acquisizione della prova. Gli atti segreti rimangono tali fino alla conclusione delle indagini ex art. 415 bis. La violazione dell’obbligo del segreto può integrare – allo stato della legislazione vigente, peraltro in via di modifica – almeno due fattispecie: la rivelazione di segreti inerenti un procedimento penale (379 bis c.p.), per la quale si punisce chiunque riveli indebitamente notizie segrete concernenti un procedimento penale da lui apprese per aver partecipato o assistito a un atto del procedimento stesso; ovvero la rivelazione del segreto d’ufficio (art. 326 c.p.). Derogano alla disciplina del segreto istruttorio i cosiddetti atti garantiti (interrogatorio, ispezione e confronto), rispetto ai quali il difensore ha diritto di assistervi e di essere avvisato almeno ventiquattro ore prima del compimento dell’atto.
Prova. Diritto processuale penale