Termine derivante dalla crasi dei vocaboli anglosassoni subvert (sovvertire) e advertising (pubblicità), indica la pratica di “vandalizzazione creativa” di manifesti pubblicitari e forma di culture jamming (sabotaggio culturale) adoperata da diversi collettivi e movimenti contro il sistema consumistico della società e il monopolio della pubblicità nello spazio visuale urbano. L’operazione consiste nel sovvertimento del messaggio di un cartellone pubblicitario attraverso alterazioni o ri-creazioni dell’immagine originaria, dando vita, con ironia e sarcasmo, a una critica nei confronti dei brand – a essere prese di mira sono soprattutto le grande aziende multinazionali – titolari del cartellone stesso. Tale attività trova le proprie radici storiche nel détournement teorizzato dal movimento delle internazionali lettrista e situazionista degli anni Cinquanta, in cui la volontà di creare nuove visioni culturali rispetto a quelle imposte dalla cultura di massa e dai mezzi di telecomunicazione spinge a modificare immagini pubblicitarie e fumetti con delle variazioni che producono uno scarto di senso, realizzando decontestualizzazioni che provocano sorpresa, altresì mescolando livelli e fonti culturali differenti per produrre uno spaesamento da cui deriva una situazione nuova e una diversa prospettiva di visione. Pur potendo annoverarsi tra le innumerevoli pratiche di street art, il s. costituisce una forma di intercessione e attivismo sociale più che una vera e propria pratica artistica, contemplando prevalentemente il lato sociopolitico dell’intervento rispetto a quello estetico. Tuttavia diversi artisti operano sovrapponendo alterazione pubblicitaria e appropriazione creativa, come nel caso dello statunitense Ron English, autore del personaggio di “Mc Supersized”, un Roland Mc Donald obeso che al tempo stesso disturba la campagna promozionale di Mc Donald’s e diventa icona del suo lavoro artistico. Tra i più famosi collettivi di subvertiser si annoverano lo storico Billboard Liberation Front, nato a San Francisco nel 1977 e attivo soprattutto nel sovvertimento di billboards, i grandi cartelloni pubblicitari che spesso caratterizzano il panorama urbano e suburbano degli Stati Uniti. Segue la stessa filosofia, con maggiore orientamento verso i manifesti pubblicitari installati presso le pensiline del trasporto pubblico urbano, il movimento Brandalism (“vandalismo dei brand”). Nato nel Regno Unito, è salito alla ribalta mediatica per l’installazione a Parigi, nel 2015, di circa seicento manifesti creati appositamente da artisti e attivisti di tutto il mondo. La protesta ha attirato l’attenzione su temi ambientali ed ecologici contestualmente allo svolgimento della conferenza mondiale sul clima COP21.