Delitto commesso da chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso della propria autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali. Il codice prevede anche le ipotesi di violenza mediante induzione che si configura con la strumentalizzazione della vittima in condizioni di inferiorità psichica o fisica o con la sostituzione dell’agente ad altra persona per trarre in inganno la persona soggetta a violenza.
L’intera normativa in materia di reati sessuali è stata modifica ad opera della l. n. 66/1996 che ha trasferito tali fattispecie dalla categoria dei reati contro la moralità pubblica e il buon costume a quella dei reati contro la persona. Tale passaggio è conseguente ad una maggiore consapevolezza di come la libertà sessuale sia un’espressione della più ampia libertà personale.
Una delle innovazioni rilevanti previste dalla nuova normativa riguarda il concetto di atti sessuali. La disciplina previgente distingueva, infatti, la violenza carnale dagli atti di libidine: la prima consisteva in qualsiasi penetrazione tra organi genitali, ovvero tra un organo genitale e un altro tipo di organo, ricomprendendo anche l’ipotesi del coito anale e di quello orale; la seconda riguardava qualsiasi forma di contatto corporeo, non necessariamente organi genitali o parti nude del corpo, diversa dalla penetrazione che, per le modalità di svolgimento, rappresentava una manifestazione di concupiscenza sessuale.
L’attuale nozione di atti sessuale comprende, invece, sia la congiunzione carnale che gli atti di libidine. La rilevanza penale del comportamento dell’agente deve essere valutata, secondo la giurisprudenza di legittimità, considerando la disponibilità della sfera sessuale della persona che ne è titolare (Cass. pen., n. 66551/1998). La nozione di atto sessuale si compone dunque, non solo di ogni atto di congiunzione carnale, bensì di qualsiasi atto che, risolvendosi in contatto corporeo, ancorché fugace e temporaneo, tra soggetto attivo e passivo, o comunque coinvolgendo la corporeità sessuale di quest’ultimo, sia finalizzato e idoneo a porre in pericolo la sua libertà di autodeterminazione nella sfera sessuale, non avendo rilievo determinate, ai fini del perfezionamento del reato, la finalità dell’agente o l’eventuale soddisfacimento del proprio piacere sessuale (ex plurimis, Cass. pen., n. 35625/2007).
L’elemento soggettivo è il dolo generico contraddistinto dalla volontà dell’atto sessuale e dalla rappresentazione di tutti gli elementi del reato.
Nei casi di minore gravità si applica la pena ridotta fino ai 2/3 della stessa.
La violenza sessuale è aggravata se commessa: in danno di persona che non ha compiuto gli anni quattordici; avvalendosi di armi, sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti; simulando la qualità di pubblico ufficiale; su persona sottoposta a qualsiasi limitazione della propria libertà personale; nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni sedici, se il colpevole ne è l’ascendente, il genitore anche adottivo o il tutore.
La pena è maggiormente aumentata se il fatto è commesso nei confronti di una persona che non ha ancora compiuto gli anni dieci.