Per autorizzazione a procedere si intende un atto con cui determinati organi rimuovono un ostacolo alla prosecuzione dell’azione penale nei confronti di un determinato soggetto (art. 343 c.p.p.); essa viene richiesta dal pubblico ministero (art. 344 c.p.p.). L’art. 313 c.p. individua una serie di reati in cui è necessaria l’autorizzazione a procedere da parte del Ministro della giustizia, mentre costituiscono un’eccezione i reati di vilipendio delle Assemblee legislative – in cui sono le Camere stesse a decidere sull’autorizzazione a procedere (Parlamento) – e della Corte costituzionale, la cui decisione spetta alla Corte stessa (art. 313, co. 3, c.p.p.).
Non vi è dubbio, però, che, da un punto di vista storico, la più importante delle forme di autorizzazione a procedere sia quella legata alle prerogative parlamentari: fin dalla Dichiarazione dei diritti inglese del 1689, infatti, in funzione di contrasto della pratica degli arresti arbitrari degli oppositori politici da parte dei Tudor e degli Stuart, era stato esplicitamente affermato che la libertà di parola, di discussione o di procedura in seno al Parlamento non potesse essere intralciata o messa in discussione in nessuna corte o in altro luogo al di fuori del Parlamento stesso. La Costituzione italiana disciplina l’istituto dell’autorizzazione a procedere nei confronti dei parlamentari all’art. 68. A seguito della riforma operata con la l. cost. n. 3/1993, non è più necessaria l’autorizzazione a procedere per sottoporre un parlamentare a procedimento penale, mentre permane l’obbligo di chiederla nel caso di arresto (ad eccezione dei casi in cui il parlamentare sia stato colto nell’atto di commettere un reato per cui è previsto l’arresto in flagranza o a seguito di una sentenza irrevocabile di condanna), di perquisizione personale o domiciliare o di intercettazione, in qualsiasi forma, delle comunicazioni (ivi compresa la corrispondenza) o delle conversazioni dello stesso. L’autorizzazione a procedere deve essere chiesta anche nei confronti dei giudici della Corte costituzionale, rispetto ai quali continua applicarsi il regime giuridico previsto per i parlamentari sino al 1993 (l’art. 3, co. 2, della l. cost. n. 1/1948 rinvia, infatti, al «vecchio» art. 68 Cost.). Infine, una peculiare ipotesi di autorizzazione a procedere è quella prevista all’art. 96 Cost., come novellato con la l. cost. n. 1/1989, per quanto riguarda i c.d. reati ministeriali, ovvero compiuti dal Presidente del Consiglio dei ministri o da un Ministro, anche se cessati dalla carica, nell'esercizio delle loro funzioni.