consulènza genètica Processo di comunicazione sui problemi umani associati con il verificarsi di una malattia genetica in una famiglia e con il rischio che questa si verifichi. Comprende diversi momenti: la diagnosi clinico-genetica, che può essere realizzata su soggetti adulti o feti, la prognosi, la terapia e la prevenzione. Ai test genetici, in particolare, si dovrebbe accedere solo in seguito a una «consulenza genetica appropriata» (Convenzione europea di bioetica, art. 12), finalizzata al consenso del paziente o della donna in gravidanza che accetta la diagnosi, e nella prospettiva del counseling postdiagnostico, incentrato sul problema della comunicazione della diagnosi e della «decisione terapeutica e assistenziale» da adottare. L’aspetto cruciale della consulenza sta dunque nelle informazioni – e rassicurazioni – che lo specialista può fornire al paziente affinché la diagnosi sia realizzata nella piena comprensione delle implicazioni e delle responsabilità che comporta. In particolare, la consulenza è finalizzata a far comprendere agli utenti: le informazioni per decidere se sottoporsi alla diagnosi, considerando l’esistenza di un effettivo ‘rischio genetico’ sulla base della ricostruzione del pedigree familiare, e dunque, di un’indicazione medica; la fattibilità e attendibilità del test; i benefici e i rischi della metodica e di un’eventuale terapia successiva; le implicazioni psicologiche dei risultati del test; le procedure alternative; le decisioni che il soggetto potrebbe adottare in seguito alla diagnosi. L’obbligo del consenso sussiste sempre, anche nel caso di test genetici applicati sistematicamente. In questo contesto, la consulenza realizza un particolare tipo di relazione d’aiuto nei confronti del paziente o della coppia, che impone al medico di avere una formazione specifica per condurre il colloquio secondo i principi di rispetto, comprensione empatica, comunicazione autentica e circostanziata, confronto con il paziente. La consulenza deve anche rappresentare per il medico l’occasione per accompagnare il paziente, in particolare la donna in gravidanza, nell’interrogativo sul dopo-risultato. Ciò richiede al genetista non solo responsabilità, ma anche un profondo senso umano.
La consulenza dovrebbe essere strategicamente orientata alla prevenzione. La prevenzione primaria è infatti la sola capace di rimuovere i fattori che portano al manifestarsi di malattie genetiche, attraverso la conoscenza dei fattori di rischio, l’informazione accurata delle coppie a rischio di concepire figli malati e l’educazione, volta a sviluppare un senso di responsabilità che renda le persone capaci di decidere di non creare le condizioni in cui il rischio genetico può verificarsi.