Sentenza (gr. γνώμη), espressione brevemente concettosa di una norma morale, caratteristica della letteratura greca in genere e propria, in particolare, della cosiddetta poesia gnomica, genere di poesia sentenziosa e moraleggiante di cui la sentenza si chiude in un verso esametro o trimetro giambico o in un distico elegiaco: i primi esempi sono in Esiodo. A Focilide fu attribuito un poemetto gnomico di 230 esametri, falsificazione forse ellenistica. Opera tarda sono anche i «detti aurei» (χρυσᾶ ἔπη), attribuiti a Pitagora. Elementi di poesia gnomica sono in tutta l’elegia d’età arcaica. Anche i frammenti rimastici di Senofane di Colofone sono ricchi di sentenze, come si presume sia stata tutta la poesia filosofica di Parmenide e di Empedocle. Gnomici sono i 1379 versi della silloge di vari autori giunta a noi sotto il nome di Teognide.
Fra le raccolte di sentenze (gnomologi), si segnalano lo Gnomologium Vindobonense, trovato in un codice di Vienna e pubblicato nel 1882; e lo Gnomologium Vaticanum, conservato nel codice Vaticano Greco 743, edito nel 1887; abbiamo, inoltre, frammenti di una raccolta di sentenze tratte dalle commedie di Epicarmo, e parti delle sentenze monostiche di Menandro ordinate alfabeticamente.
Della poesia gnomica romana è stata conservata una raccolta di 700 sentenze tratte dai mimi di Publilio Siro in senari giambici o settenari trocaici. A Catone si deve una raccolta di sentenze, dalla quale va però distinta l’altra raccolta intitolata Dicta (o Disticha) Catonis. Delle molte altre raccolte di sentenze dell’età alessandrina e greco-romana ci è giunta la copiosa scelta di Stobeo del principio del 6° secolo.