Il lavoro a tempo determinato è un’attività lavorativa caratterizzata dall’apposizione di un termine al contratto che la regola. In base al d. lgs. n. 368/2001, che ha abrogato la l. n. 230/1962 e l’art. 23 della l. n. 56/1987, tale rapporto di lavoro può legittimamente essere instaurato tutte le volte in cui ricorrano ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. Non è peraltro necessario che queste ragioni dipendano da situazioni eccezionali e imprevedibili. Possono sempre essere assunti a termine, a prescindere dalla sussistenza di ragioni particolari, i dirigenti, gli iscritti alle liste di mobilità, i disabili, i lavoratori che hanno differito il pensionamento e i lavoratori del turismo (questi ultimi solo per servizi speciali e fino a tre giorni). La legge esclude il ricorso al lavoro a tempo determinato quando il datore intenda sostituire temporaneamente lavoratori in sciopero, quando non abbia effettuato la valutazione dei rischi in azienda, o quando nell’unità produttiva si sia fatto ricorso negli ultimi sei mesi a licenziamenti collettivi, cassa integrazione o riduzioni d’orario. L’apposizione del termine deve risultare da atto scritto, nel quale devono essere inserite anche specifiche motivazioni sul motivo del termine, pena la conversione del contratto in contratto a tempo indeterminato. Alla scadenza del termine, il rapporto si conclude senza necessità di formale comunicazione. La proroga è ammessa per i contratti di durata inferiore a tre anni, soltanto una volta e con indicazione delle ragioni. La durata complessiva del rapporto non può comunque superare i tre anni. Nel caso in cui il lavoratore continui la sua prestazione oltre il limite prefissato e senza un accordo di proroga, egli ha diritto per un periodo di 20 giorni (30 per i contratti di durata superiore a sei mesi) a una maggiorazione retributiva (pari al 20% per i primi 10 giorni, al 40% dopo), oltre il ventesimo giorno alla conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato. È altresì vietato il ricorso a una pluralità di contratti di lavoro a termine stipulati a breve distanza l’uno dall'altro. Se il medesimo lavoratore è riassunto a termine entro 10 giorni dalla scadenza del precedente contratto (termine aumentato a 20 giorni se il contratto scaduto aveva durata superiore a 6 mesi), il secondo contratto si considera a tempo indeterminato. Quanto allo svolgimento del rapporto in concreto, vige il principio di non discriminazione, secondo cui vanno riconosciute al prestatore di lavoro tutte le garanzie e i trattamenti previsti per gli altri prestatori di lavoro a tempo indeterminato (ferie, gratifiche natalizie, tredicesima e quattordicesima mensilità, trattamento di fine rapporto ecc.).
Trattamento di fine rapporto. Dirittto del lavoro