lìngue mòrte Lingue che o non sono più usate da nessun parlante (come, per es., il gotico), o, pur essendo adoperate da persone che se ne appropriano attraverso lo studio (come il latino), non sono parlate in una comunità linguistica organica né trasmesse di padre in figlio.
approfondimento di Giancarlo Schirru
Sebbene la distinzione tra lingue vive e lingue morte sia tradizionalmente in uso in linguistica, solo in anni recenti si è sviluppata una riflessione specifica sulla morte delle lingue, anche in seguito ai ripetuti allarmi sul rischio di estinzione che minaccerebbe una parte considerevole delle lingue attualmente parlate nel mondo. L'argomento è divenuto oggetto di attenzione non solo nella comunità scientifica, ma anche nelle istituzioni internazionali (l'UNESCO, l'ONU, il Consiglio d'Europa e altre) ed è materia di interventi legislativi in molti Stati (tra cui l'Italia), con ampi risvolti giuridici, politici e scientifici.
Poiché le lingue non sono organismi biologici, il concetto di morte delle lingue ha una portata solo figurata: bisogna sottolineare che tutti i fattori che determinano il fiorire o la decadenza di una lingua rimandano in ultima analisi alla comunità che di quella lingua si serve, e non alla lingua stessa.
Cause e modalità di morte delle lingue
Si possono distinguere due tipologie fondamentali di morte delle lingue: la distruzione catastrofica della comunità di parlanti e il passaggio di una comunità da una lingua a un'altra. Nel primo caso la distruzione è dovuta a fenomeni naturali o umani (terremoti, inondazioni, epidemie, carestie, genocidi ecc.). Perché una comunità linguistica cessi di vivere non è necessario che tutti i suoi parlanti siano uccisi: la sopravvivenza di alcuni di loro, che si integrano successivamente in altre comunità, non garantisce infatti il mantenimento della lingua.
Il fenomeno del passaggio da una lingua a un'altra può invece essere più o meno graduale, volontario o indotto dall'esterno con modi più o meno coercitivi. La lingua di arrivo della comunità può essere originariamente straniera, e adottata per contatto, o rappresentare un'evoluzione della lingua indigena. Per esempio, nell'età classica gli antichi abitanti della Gallia in poche generazioni passarono a parlare latino come lingua materna per effetto della conquista romana; morirono quindi il gallico e le altre lingue celtiche continentali. Questo processo è largamente testimoniato nel mondo contemporaneo, in cui molte lingue si sono estinte o sono minacciate da fattori politici (persecuzione di minoranze), socioeconomici (inurbamento e altri fenomeni migratori, declino delle attività economiche tradizionali, scolarizzazione che avviene in altre lingue, diffusione della comunicazione di massa in altre lingue ecc.), sociolinguistici (decadenza del prestigio di una lingua o sua stigmatizzazione). In questi casi si ha una fase in cui convivono in una comunità due o più lingue: una di queste (destinata alla scomparsa) occupa una posizione dominata rispetto a una lingua dominante. Il suo uso può restringersi progressivamente a domini circoscritti: per esempio essa può diventare esclusiva degli usi religiosi, o ridursi a lingua veicolare, o a lingua segreta; al limite di questo processo può mantenersi esclusivamente come residuo, per esempio nei canti, nelle preghiere, nei giochi, nelle espressioni oscene, nelle formule magiche ecc. Ci può inoltre essere un depauperamento della lingua dominata nelle diverse classi di età, per cui questa non viene più insegnata ai bambini e si restringe ai soli adulti, o al limite ai soli anziani: con la morte naturale di questi ultimi si ha quindi la sua estinzione.
Nel corso della sua decadenza la lingua dominata subisce generalmente profonde semplificazioni delle sue strutture fonologiche, morfologiche e sintattiche, e tende ad accogliere nel suo lessico molti prestiti provenienti dalla lingua dominante. Il caso di morte di una lingua per mutamento interno è talvolta separato metodologicamente da quello dell'estinzione (anche se per lingue che sono uscite d'uso per mutamento interno, come il latino o il greco classico, si parla spesso di lingue morte): tutte le lingue infatti mutano nel tempo. Ma può avvenire che, a un certo stadio di questa evoluzione, nella comunità dei parlanti maturi la percezione dell'esistenza di una nuova lingua, e quindi della obsolescenza della lingua più antica che può però essere conservata in alcuni domini (scritti, liturgici ecc.). Così per esempio, nei secoli successivi all'islamizzazione della Persia, la varietà allora contemporanea della lingua persiana (per la quale venne adottata una scrittura a base araba) venne sentita come diversa dal medio-persiano del periodo preislamico (il pahlavico): quest'ultimo continuò a vivere come lingua di cultura e liturgica solo nelle comunità che mantennero la religione zoroastriana, soprattutto in India per effetto della migrazione di una parte di tali comunità.
Rinascita e salvaguardia delle lingue
Una lingua ristretta a usi molto circoscritti o a un piccolo numero di parlanti può essere rivitalizzata. Il caso più noto di rinascita di una lingua è rappresentato dall'ebraico contemporaneo, oggi varietà materna di milioni di parlanti nello Stato di Israele, rientrato in uso progressivamente dalla fine dell'Ottocento, dopo che l'ebraico era decaduto come lingua usuale da circa due millenni e si era conservato nelle comunità ebraiche solo come lingua di cultura.
In anni recenti è maturata la consapevolezza, sia nella comunità scientifica sia nelle istituzioni, della necessità di politiche volte al sostegno delle lingue in via di estinzione e alla loro rivitalizzazione. Il problema ha due aspetti: da un lato il mantenimento della lingua materna è considerato come un diritto della persona, nell'ambito di un più generale complesso di diritti umani; dall'altro si riflette sull'opportunità di salvaguardare le lingue in quanto patrimonio culturale dell'umanità, sia per le stesse ragioni che motivano la conservazione degli altri beni culturali (monumenti, opere d'arte ecc.), sia perché le lingue ricadrebbero in una definizione estesa di ambiente, insieme con gli oggetti della cultura materiale e con le tradizioni economiche e produttive, e sarebbero quindi oggetto di una 'ecologia linguistica', così come l'ambiente naturale è oggetto dell'ecologia.