Operazione (detta anche transmetilazione) mediante la quale si introducono in un composto uno o più gruppi metilici −CH3. È largamente usata nell’industria chimica per la preparazione di numerosi composti (dimetilanilina, metolo, naftilmetiletere, tereftalato dimetilico ecc.). Come agente di m. vengono usati il metanolo con acido solforico, il cloruro di metile, il solfato dimetilico, il diazometano, derivanti organometallici ecc.
In biochimica, la m. rappresenta uno dei principali meccanismi della cosiddetta modificazione post-trascrizionale delle proteine. La m. è catalizzata da enzimi specifici, detti metiltransferasi, e avviene su particolari residui amminoacidici della proteina da metilare. Una sostanza che fornisce a un’altra sostanza un gruppo metilico è detta metildonatore; i principali sono l’S-adenosilmetionina e i derivati dell’acido tetraidrofolico (metiltetraidrofolico, metilentetraidrofolico ecc.). La m. delle proteine accettrici dei metili è coinvolta nella chemiotassi batterica. Il cambiamento dello stato di m. di queste proteine è una risposta adattativa: la m. è aumentata dalle sostanze stimolanti e diminuita da quelle inibenti. Le reazioni di m. riguardano anche innumerevoli composti del metabolismo cellulare che devono subire una m. prima di poter essere utilizzati in reazioni successive o la cui m. serve a modificarne l’attività biologica (per es., la m. dell’adrenalina porta alla perdita della sua attività ormonale). Sono detti metilesterasi gli enzimi che catalizzano le reazioni di demetilazione, particolarmente importanti nella regolazione della chemiotassi batterica.
In biologia molecolare, la m. costituisce il più importante processo di modificazione del DNA nei Vertebrati e nelle piante; è invece modesta o non rilevabile nel lievito, in Drosophila melanogaster e nei Nematodi. Dei circa 3 miliardi di coppie di basi che costituiscono un tipico genoma di mammifero, circa il 40% sono coppie CG (citosina guanina) e il 2-7% di esse è modificato dall’aggiunta di un gruppo metilico alla citosina. La maggior parte delle citosine metilate si trova sotto forma di doppiette di coppie di basi con la struttura:
5′mCpG3′
3′ GpCm5′
nella quale mC indica la metilcitosina, la p fra C e G indica il legame fosfodiesterico fra nucleotidi adiacenti e 59 e 39 sono le estremità del doppio filamento di DNA antiparallelo (➔ nucleici, acidi). Isole CpG, ossia tratti di genoma di 1-2 kilobasi di lunghezza, nei quali le sequenze CpG sono 10 volte più frequenti, si trovano soprattutto all’estremità 59 dei geni, in prossimità dei siti di inizio della trascrizione. Nei geni housekeeping le isole CpG non sono mai metilate. Il DNA metilato è associato alla repressione della trascrizione. Nei geni tessuto-specifici la m. varia con l’attività del gene: le isole CpG che si trovano davanti ai geni attivi sono ipometilate, mentre quelle situate davanti ai geni silenti sono ipermetilate. Il cromosoma X inattivo delle femmine di mammifero è estesamente metilato (➔ epigenesi). La m. del DNA nei Mammiferi è responsabile anche dei casi nei quali l’espressione di un gene è controllata dalla sua origine parentale (➔ imprinting). Per es., nei topi è espresso il gene Igf2 (non metilato) ricevuto dal padre, che codifica un fattore di crescita insulinosimile, ma non quello (metilato) ricevuto dalla madre. Durante l’embriogenesi gli stati metilato e non metilato sono conservati ogni volta che il gene si replica, quindi in tutte le cellule dell’animale che si sta sviluppando viene espresso solo Igf2 paterno. Si è anche osservato, tuttavia, che un gene metilato ereditato da un sesso viene demetilato quando viene trasferito alla progenie di sesso opposto; quindi la marcatura (imprinting) mediante m. dei geni viene riorganizzata a ogni generazione.