Corrente artistica sviluppatasi tra il 1960 e il 1970 negli Stati Uniti d’America. Definita minimal art, ma anche strutture primarie, ABC art, antiform, cool art, topological art, è caratterizzata da forme semplici (minimal), derivate generalmente dalla geometria elementare, da strutture modulari e seriali e dall’uso di materiali della moderna tecnologia industriale. Con un intento programmatico di denuncia dei limiti raggiunti dalla pop art, rifiutando un atteggiamento emozionale, gli esponenti della minimal art hanno teso alla realizzazione di opere che si presentano come sintesi tra architettura (scala ambientale, possibilità di scorci), pittura (stesura di colori puri sulle superfici) ed environment (coinvolgimento dello spazio in cui sono poste opere che possono essere spostate, attraversate ecc.). Significativi esponenti della minimal art sono R. Morris, D. Judd, C. Andre, G. Grosvenor, S. LeWitt, R. Bladen, P. King, J. MacCracken, R. Serra, F. Stella.
Tendenza letteraria (in particolare della narrativa) fiorita negli anni 1980 negli USA. Pur nella loro disomogeneità, gli scrittori minimalisti sono accomunati da un’attenzione alle vicende quotidiane nei loro aspetti più usuali e ripetitivi. Privi di particolari legami con la tradizione letteraria, anche se si sono voluti rintracciare i loro ascendenti in scrittori come E. Hemingway, R. Carver, A. Beatty, G. Paley, i minimalisti si distinguono per uno stile volutamente piano e uniforme, e per il frequente ricorso a temi autobiografici. Tra gli scrittori che hanno suscitato maggior interesse: D. Leavitt, autore della raccolta di racconti Family dancing (1984) e di romanzi come The lost language of cranes (1986), The page turner (1998), The Indian clerk (2007); J. McInerney (Bright lights, big city, 1984; The last of the Savages, 1997; The good life, 2006); B.E. Ellis (Less than zero, 1985; American Psycho, 1991; Lunar Park, 2005).
Sviluppo (dal 1993) della teoria generativo-trasformazionale, in cui A.N. Chomsky propone di riportare la massima attenzione sulla sintassi, in particolare la NS (narrow syntax, o sintassi in senso ristretto), vista come punto di collegamento fra i diversi livelli linguistici, dalla fonologia alla semantica.
Procedimento musicale, detto anche minimal music, basato sull’ostentata iterazione di brevi e semplici figure soggette a graduali trasformazioni. L’effetto perseguito è quello di una sospensione nella normale percezione del tempo. Le tecniche tipiche del m. musicale sono ispirate a tradizioni orientali e africane, nonché a forme tipiche della musica medievale e barocca, e sono state messe a punto e applicate negli anni 1960 e 1970 da compositori statunitensi della generazione successiva a quella di J. Cage (S. Reich, P. Glass, B. Wilson). Nelle loro composizioni, elementi fondamentali del brano quali armonia (rigorosamente tonale e spesso di estrema semplicità), pulsazione e strumentazione rimanevano in linea di principio immutati lungo tutto il percorso. Nei decenni seguenti il termine m. trova tuttavia applicazione al di fuori di questa più circoscritta cornice storico-musicale, per designare l’opera di molti autori estranei alla corrente originaria, come L. Andriessen, A. Pärt, J. Taverner, M. Monk, che utilizzano procedimenti minimalistici in contesti espressivi di tutt’altra natura.