Organizzazione criminale calabrese suddivisa in cosche, particolarmente radicata nella provincia di Reggio di Calabria, ma con ramificazioni in tutto il mondo.
Nel dialetto calabrese, ’ndranghetista significava «membro della Onorata Società», ma più generalmente designava ogni uomo «valente», capace di tutelare e far rispettare il proprio onore. Nel secondo dopoguerra il termine cominciò a essere usato nel significato attuale. La famiglia mafiosa calabrese (’ndrina) ha al suo centro una famiglia di sangue, attorno alla quale si estende una vasta rete di parentele naturali e artificiali. La dimensione numerica della cosca è una variabile fondamentale per determinare il potere del suo capo, poiché da essa dipendono la sua forza, in termini di personale disponibile allo scontro armato, nonché la sua capacità di controllare il territorio e di influenzare la vita della comunità. La compattezza e la stabilità del gruppo sono rafforzate da un ampio uso di rituali, simbologie e regolamenti. La coesione interna, continuamente rinsaldata dalla pratica di matrimoni incrociati, e il coinvolgimento di congiunti nelle attività illecite pongono la ’ndrina al riparo da delazioni e tradimenti. Tipica conseguenza del principio organizzativo della ’n. è la sopravvivenza delle faide, conflitti interfamiliari contrassegnati da ferocia e distruttività estreme.
I clan calabresi operanti al di fuori della Calabria mantengono stretti collegamenti con la terra d’origine e conservano la stessa struttura delle cosche originarie, aderendo ai medesimi modelli di comportamento. A differenza delle famiglie federate in Cosa Nostra siciliana, per lungo tempo le formazioni criminali calabresi non sono riuscite a sviluppare un effettivo meccanismo di controllo e di regolazione dei conflitti interni. Dall’inizio degli anni 1970 la ’n. subì un’impetuosa trasformazione imprenditoriale, reazione alla progressiva perdita di prestigio e di legittimità del potere mafioso in seguito allo sviluppo socioeconomico del paese e al dissolvimento dell’assetto socioculturale tradizionale. Quando la ricchezza divenne la prima e più importante componente dell’onore, le principali famiglie mafiose di Reggio di Calabria, della Locride e della Piana di Gioia Tauro intrapresero attività in grado di garantire loro una rapida accumulazione di capitali (tangenti, sequestri). Combinando i proventi di tali delitti alla violenza e alla capacità di intimidazione e di corruzione che le erano tradizionalmente proprie, la ’n. riuscì a inserirsi nei subappalti delle grandi opere pubbliche. Alla fine del decennio, le ’ndrine assunsero un ruolo crescente anche nel traffico internazionale di narcotici e di armi.
La ’n. è stata a lungo sottovalutata dall’opinione pubblica nazionale e dalle stesse istituzioni. La sua pericolosità è stata pienamente rivelata solo da successive attività investigative e repressive, cui le cosche hanno reagito con una strategia eversiva di contrapposizione frontale con lo Stato.