Ai sensi del d. lgs. n. 198/2006 è vietata ogni discriminazione basata sul sesso nell’accesso al lavoro. Il divieto vale per qualsiasi forma di lavoro e per le iniziative di formazione, orientamento e selezione professionale. Ogni atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole, in via diretta o indiretta, è considerato discriminante. La legge ammette alcune deroghe per mansioni particolarmente pesanti, individuate nei diversi contratti collettivi; altre deroghe sono concesse nell’ambito della moda, dell’arte e dello spettacolo, quando la natura sessuale del soggetto sia ritenuta essenziale per il tipo di attività lavorativa da svolgere. Lavoratore e lavoratrice hanno diritto alla medesima retribuzione nel caso in cui svolgano prestazioni uguali o di pari valore. Anche nell’attribuzione di mansioni e qualifiche, e nella progressione della carriera, le lavoratrici non possono essere discriminate dal datore di lavoro. Ulteriore tutela di parità è stabilita per le lavoratrici nel campo pensionistico. Infatti, anche se in possesso dei requisiti per il diritto alla pensione, possono scegliere di continuare a lavorare fino al raggiungimento dei medesimi limiti pensionistici maschili. Gli atti, di qualunque tipo, concernenti il rapporto di lavoro di lavoratori vittima di comportamenti discriminatori sono nulli se adottati in seguito al rifiuto dei comportamenti medesimi. L’insieme delle misure positive utilizzate per la rimozione delle differenze che di fatto impediscono le pari opportunità tra i due sessi, dette azioni positive sono disciplinate all’art. 42 del d. lgs. n. 198/2006. Particolari agevolazioni sono previste per i soggetti promotori di tali attività. Questi devono adottare degli appositi progetti e richiedere al Ministero del Lavoro il rimborso degli oneri connessi. Un’ulteriore incombenza è prevista per le aziende con più di 100 dipendenti, dove si deve redigere un rapporto, almeno ogni due anni, sulla situazione del personale.
Contratti collettivi di lavoro
Categorie e qualifiche professionali