Concetto entrato nell’ordinamento italiano con il codice del 1930. L’art. 203 c.p. stabilisce, infatti, che agli effetti della legge penale è socialmente pericolosa la persona, anche non imputabile o non punibile, la quale ha commesso un fatto previsto dalla legge come reato, quando è probabile che lo commetta di nuovo. Tale nozione trova il proprio fondamento nel pensiero della scuola positiva del diritto penale. Questa, infatti, muoveva dalla premessa che il reato deve essere considerato fenomeno naturale determinato da fattori criminogenetici e non da una scelta individuale suscettibile di un giudizio di responsabilità morale. Conseguenza di una tale impostazione è il rilievo per cui l’intervento penale non può orientarsi alla retribuzione dell’illecito commesso, né avere esclusivamente una finalità repressiva, ma deve trarre il proprio fondamento dalla necessità della prevenzione finalizzata alla difesa sociale contro il delitto. La sanzione penale deve essere adeguata al rischio che l’autore del reato rappresenta per la società e tendere esclusivamente a impedirne la recidiva. La proposta della scuola positiva venne così a incentrarsi sul problema della pericolosità del reo, per la prima volta individuata nei suoi fattori costituenti essenziali, come giudizio prognostico sulla capacità dell’individuo di commettere nuovi reati, nonché come centro di imputazione di un giudizio non fondato sul rimprovero per la colpevolezza dell’azione, ma sulla necessità di prevenire la commissione di ulteriori reati. In tale prospettiva il reato acquista una valenza sintomatica, rivelatrice del complesso delle caratteristiche psicologiche, antropologiche e sociali del reo dalla cui osservazione si può evincere la pericolosità dello stesso. Il codice Rocco non ha recepito tutte le istanze dei positivisti, ma ha considerato la pericolosità sociale come una caratteristica eventuale dell’autore del reato, non permanente in quanto sottoposta a riesame, e costitutiva di uno dei presupposti previsti dalla legge per l’applicazione delle misure di sicurezza. Proprio sulla base di queste considerazioni, il nostro codice penale ha accolto il cosiddetto sistema del doppio binario in base al quale la colpevolezza è il presupposto dell’applicazione della pena, mentre la pericolosità sociale quello per l’operatività della misura di sicurezza.
I parametri per valutare la qualità di persona socialmente pericolosa si desumono dalle circostanze indicate nell’art. 133 c.p.