Industriale, scrittore e uomo politico tedesco (Berlino 1867 - ivi 1922), figlio di Emil. Di famiglia ebraica, dal 1915 fu presidente della società AEG. Intellettuale d'ispirazione liberale, pur contrario al Trattato di Versailles, che minava di nuovo l'equilibrio europeo, fu ministro della Ricostruzione (1921) e come ministro degli Esteri (1922) ruppe l'isolamento tedesco con il Trattato di Rapallo con l'URSS. Fu ucciso in un attentato da giovani di destra.
Proveniente da ricca famiglia d'industriali e banchieri ebrei. Studiò fisica con Helmholtz, filosofia con Dilthey e si laureò in ingegneria nel 1889. Dedicatosi a studi di elettrochimica, entrò nella società dell'alluminio di Neuhassen in Svizzera, dove perfezionò alcuni processi industriali. Nel 1893 era direttore d'un'officina a Bitterfeld. Prese a collaborare in questi anni alla rivista Zukunft di M. Harden con alcuni saggi, in cui, in forma epigrammatica, fondeva le dolorose esperienze derivategli dalla sua origine etnica con elementi irrazionalistici tratti da Nietzsche e da Bergson. Entrato in seguito (1899) nell'AEG, ne divenne presidente alla morte del padre (1915). Passò nel 1902 alla direzione d'una grande banca di Berlino ed ebbe agio di farsi accogliere, unico della sua razza, nei ristretti circoli di corte, pur frequentando anche i gruppi letterari e artistici di avanguardia. Allo scoppio del conflitto mondiale, creò presso il ministero della Guerra l'ufficio delle materie prime. Si oppose (nov. 1918) alla conclusione di un armistizio, invocando la resistenza a oltranza. In qualità di esperto, partecipò (1919) alla conferenza della pace e disapprovò la firma del trattato di Versailles, ma egli stesso, come ministro della Ricostruzione durante il primo gabinetto Wirth (1921), sostenne la necessità di eseguire le clausole del trattato, nell'intento tuttavia di dimostrare l'impossibilità, da parte della Germania, di pagare le riparazioni. Divenuto (1922) ministro degli Esteri nel secondo gabinetto Wirth, riuscì a rompere l'isolamento tedesco con la firma del trattato di Rapallo con l'Unione Sovietica. Fu ucciso da due giovani ufficiali, militanti in formazioni dell'estrema destra.
Nelle opere Zur Kritik der Zeit (1912) e Zur Mechanik des Geistes (1913) R. aveva cercato di fondare una nuova critica non marxista del capitalismo come causa della divisione della società in classi e della degradazione dell'uomo a macchina. Egli non vedeva l'ingiustizia sociale nel plusvalore sottratto all'operaio, ma nel fatto che l'operaio è ridotto a un automa senz'anima. Attendeva la liberazione dalla sconfitta del razionalismo, dall'eliminazione del monopolio culturale dei ricchi, dal trionfo dell'anima attraverso la gioia del lavoro e il senso della responsabilità e solidarietà instaurati in luogo del desiderio di lucro e di lusso. Propugnava un'imposta progressiva sulla ricchezza e radicali restrizioni al diritto di successione. In Von kommenden Dingen (1917) descrisse la sua visione dell'avvenire. La guerra era una rivoluzione sociale, che rendeva prossimo l'avvento del regno dell'anima: il diritto di proprietà era insanabilmente intaccato dalla guerra; d'altra parte i progressi tecnici consentivano ormai l'emancipazione dell'operaio, che da lavoratore manuale era trasformato in sorvegliante responsabile. Su queste premesse si fonda Die neue Wirtschaft (1918), in cui R. propose una interpretazione della guerra come rivoluzione sociale, formulò l'idea di un'economia regolata, al di là del capitalismo e del socialismo tradizionali (organizzazione dell'industria, unioni professionali e industriali, nazionalizzazione delle banche, ecc.). Non soltanto la proprietà, ma anche il consumo non è più d'ordine privato e va quindi regolato per evitare sperperi e squilibri; la grande impresa, perduto ogni carattere personale nella forma della società per azioni, è divenuta elemento dell'economia nazionale; la produzione va sottratta ai turbamenti della concorrenza e della ricerca del lucro e adattata ai bisogni.