redenzione religione Il riscatto dell’uomo da una condizione di infelicità e di peccato: la religione di r. o di salvezza (soteriologica) offre all’uomo la via e i mezzi per superare la propria condizione naturale, conquistando una salvezza superiore. Questa concezione della r. si riscontra solo in determinati tipi di religione (in particolare nelle religioni di pretese universalistiche e nei misteri), mentre è assente in quelle cosiddette naturali o nazionali (religioni primitive, politeismo greco-romano).
In molte religioni dell’India – non però in quella vedica antica – la r. è un concetto centrale: la condizione umana è concepita sotto l’aspetto dominante della sofferenza (specie nel buddhismo); la via della r. può essere quella della conoscenza o quella dell’amore, e il suo compimento può avvenire mediante l’assorbimento dell’individuo nell’anima universale o il suo annientamento totale.
Nell’Antico Testamento il concetto di r. ha significati variamente collegati all’idea messianica: liberazione dalla sofferenza, fine della violenza e, per quanto riguarda il popolo d’Israele, ritorno dall’esilio; purificazione dal peccato; nuova epoca di pace e giustizia; raggiungimento di una conoscenza divina superiore.
Nella dottrina cristiana le parole r. e riscatto si applicano specialmente all’opera di r. compiuta dal redentore Gesù Cristo a favore dell’umanità per liberarla dal peccato di Adamo: le due nozioni di peccato originale e di r. dipendono l’una dall’altra e sono alla base della concezione cristiana del mondo. A causa del peccato originale infatti tutti gli uomini si trovano, in rapporto alla vita soprannaturale per la quale erano stati creati, in uno stato di morte e, in rapporto a Dio, in uno stato d’inimicizia e di rivolta, essendosi fatti schiavi del male. La r. assicura pertanto agli uomini la riconquista della vita soprannaturale, il loro rientro nell’amicizia divina. L’insieme di questi benefici è il frutto dell’intervento in loro favore di Cristo. storia Nella Toscana granducale degli ultimi tempi del dominio mediceo fu chiamata tassa di r. la decima, perché destinata a redimere il debito pubblico, ed ebbe lo stesso nome l’unica imposta fondiaria in cui Pietro Leopoldo, alla fine del 18° sec., fuse tutte le altre imposte dirette reali. Per estensione, il termine r. fu usato anche nel senso di ritiro dalla circolazione della moneta di carta, in quanto questa costituisce un debito dello Stato.