primitive, religióni Locuzione con cui si fa riferimento in senso generale ai sistemi di credenze di popoli o gruppi etnici extraeuropei. L'impiego del termine "primitivo", sottoposto a una sostanziale revisione critica nel corso del 20° secolo, corrisponde attualmente a una convenzione puramente definitoria, non sottintendendo alcuna valutazione dei prodotti culturali nei termini dei paradigmi evoluzionistici, da cui pure esso è mutuato.
Teorie evoluzionistiche
Il concetto di "religioni primitive" come forme meno evolute e contrapposte alle grandi religioni monoteistiche si è venne definendo sulla base degli studi di E. B. Tylor, che estese il metodo comparativo elaborato da Max Müller ai fenomeni religiosi che caratterizzavano i cosiddetti "popoli primitivi". La base teorica dell'indirizzo di questa scuola antropologica è l'evoluzionismo, secondo cui l'intero genere umano percorrerebbe una linea unica di progresso: i popoli primitivi rappresenterebbero il gradino più basso della scala evolutiva. La loro religione sarebbe un primitivo e maldestro tentativo di spiegare il mondo (religione come "scienza primitiva"). La prima forma della religione sarebbe l'animismo, cioè la credenza in innumerevoli spiriti che agirebbero nelle cose; il politeismo, fase successiva, si costituirebbe con la riduzione di questa massa di spiriti a un minor numero di entità soprannaturali dai poteri più estesi; solo al livello più progredito l'umanità arriverebbe al concetto di un Dio unico, mentre nella vita religiosa di tutti i popoli continuerebbero a "sopravvivere" forme di credenze caratteristiche delle fasi precedenti. Lo schema tyloriano viene successivamente articolato in più fasi per opera di altri seguaci del medesimo indirizzo, come R. R. Marett, J. G. Frazer. Ma è la stessa scuola che, con le indagini di A. Lang, arriva a un superamento essenziale dello schema evolutivo: da tali indagini risulta infatti che anche i popoli più "primitivi" conoscono divinità personali e precisamente Esseri Supremi, concetto inconciliabile con l'animismo.
I cicli storico-culturali e la mentalità primitiva
L'attenzione dedicata ai popoli primitivi continua a dominare gli studî storico-religiosi anche in seguito. È per opera di etnologi che sul finire del sec. 19° e nei primi anni del sec. 20° si scardina definitivamente la teoria evoluzionistica: al posto di uno schema unico di evoluzione, subentra la distinzione di cicli storico-culturali qualitativamente differenti (L. Frobenius, F. Graebner, B. Ankermann, W. Schmidt). Con ciò i "primitivi" cessano di essere considerati come un grado basso dell'evoluzione lineare e l'interesse degli etnologi, anche dal punto di vista della religione, si rivolge piuttosto al carattere qualitativo della mentalità dei popoli primitivi (H. Lévy-Bruhl). Le religioni primitive non vengono più considerate come forme di "scienza primitiva", ma rivelano il loro carattere di fenomeno spirituale autonomo.
Contrario a ogni schema e teoria preconcetta appare l'indirizzo del funzionalismo (B. Malinowski, A. R. Radcliffe-Brown), il cui importantissimo apporto agli studî storico-religiosi consiste nell'accentuazione dell'inscindibilità della religione da tutti gli altri aspetti fondamentali dell'esistenza e della civiltà di ogni singolo popolo. La religione viene interpretata in funzione delle forme d'esistenza dei popoli, e soprattutto della loro organizzazione sociale. Il punto di vista sociologico domina le ricerche di eminenti studiosi francesi (É. Durkheim, M. Mauss, H. Hubert, la cosiddetta scuola sociologica). L'indirizzo funzionalistico ha trovato la propria limitazione nell'esistenza di fenomeni religiosi analoghi in civiltà per ogni altro aspetto differenti: se questi, nell'indirizzo evoluzionistico, formavano la base di una comparazione universale con il presupposto di un progresso lineare e di "sopravvivenze" inerti, oggi essi costituiscono il fondamento di una fenomenologia religiosa (G. van der Leeuw, M. Eliade), che, pur non mettendo in dubbio la storicità delle singole formulazioni culturali, con l'ammissione stessa di fenomeni universalmente umani rischia di sfociare in uno psicologismo naturalistico.
Storicismo e strutturalismo
Importanti studi di antropologia religiosa che hanno privilegiato i contesti socioculturali marginali alle potenti spinte dell'occidentalizzazione e dell'inculturazione religiosa sono stati condotti in epoca più recente da E. De Martino e V. Lanternari. Un approccio di tipo strutturalistico, mutuato dalla linguistica, ai fenomeni religiosi delle società non occidentali è stato proficuamente elaborato da C. Lévi-Strauss; esso ha fornito un contributo sostanziale alla revisione degli strumenti di analisi dei fenomeni religiosi, aprendo la strada alla definizione di nuove chiavi interpretative e di nuove metodologie di studio.