sociobiologia Disciplina che, partendo da una base biologico-evoluzionistica, si propone di dare un’interpretazione unificante di tutti i comportamenti sociali delle varie specie animali, fino all’uomo. La s. utilizza i dati delle varie discipline che si occupano del comportamento animale, dalla genetica delle popolazioni e dalla fisiologia comparata fino all’etologia. Nell’ambito delle teorie sociobiologiche si attribuisce una notevole importanza alla base genetica dei comportamenti sociali, cosicché qualsiasi forma di comportamento viene vista in relazione alla sopravvivenza dell’individuo o anche dell’intero gruppo sociale cui esso appartiene; il singolo individuo viene considerato come un mediatore per delle informazioni genetiche che tendono ad affermarsi sfruttando i comportamenti sociali dell’individuo: ciò ha portato R. Dawkins a parlare degli individui come di «macchine per la sopravvivenza, veicoli automatici ciecamente programmati per preservare quelle molecole egoiste conosciute come geni».
L’approccio dei sociobiologi, in particolare di E.O. Wilson, rappresenta una continuazione ideale del cosiddetto socialdarwinismo (➔ Darwin, Charles Robert), secondo le cui teorie, in voga verso la fine del 19° sec., la lotta per l’esistenza postulata da Darwin come meccanismo alla base della selezione naturale sarebbe anche alla base dell’evoluzione sociale: tuttavia, mentre secondo i socialdarwinisti la selezione naturale opera sugli individui, o fenotipi, secondo i sociobiologi di stretta osservanza gli individui non svolgono alcun ruolo e la selezione non opera sui fenotipi in quanto gli individui non servono che ad assicurare la riproduzione dei geni. Sono quindi i geni a essere protagonisti e a servirsi di qualsiasi comportamento o struttura sociale che possa essere di aiuto nella loro diffusione. I presupposti scientifici di queste teorie sono stati criticati da numerosi genetisti e biologi delle popolazioni: basterà ricordare che la selezione naturale non agisce sui geni ma sugli individui o fenotipi; che ogni singolo gene non ha valore selettivo indipendente e che la selezione opera su individui che sono l’espressione dell’opera di geni diversi in un dato ambiente.
Molti sociobiologi postulano invece l’esistenza di alcuni comportamenti che sarebbero l’espressione di singoli geni, responsabili di diverse ‘etichette’ comportamentali: esisterebbero pertanto i geni del conformismo, così come quelli dell’omosessualità, dell’aggressività, dell’altruismo. Qualsiasi tipo di comportamento viene visto in relazione alla sopravvivenza dell’individuo o dell’intero gruppo sociale cui esso appartiene. È questo il caso, per es., dei comportamenti cosiddetti altruistici, che avvantaggiano non tanto chi li compie quanto gli altri membri del gruppo. In effetti esistono dei comportamenti di tipo altruistico, modulati dal patrimonio ereditario, in alcune specie di Insetti; tuttavia la trasposizione di modelli elaborati per gli invertebrati e gli Insetti sui Vertebrati e su Mammiferi come i Primati e l’Uomo deve essere considerata con cautela. Nel primo caso si tratta di specie animali che hanno un sistema nervoso estremamente semplice, mentre quando si parla dei Mammiferi, e soprattutto dei Primati, non si può dimenticare che le strutture del sistema nervoso si sono evolute in maniera tale da assegnare un ruolo di primaria importanza all’adattamento e all’esperienza individuali rispetto all’adattamento all’ambiente operato in blocco da tutta la specie tramite meccanismi istintivi codificati dai geni. Diverso è infatti parlare della velocità con cui un insetto batte le ali o con cui esso si orienta nello spazio (comportamenti essenziali per la sopravvivenza e modulati dai fattori genetici) e invece di categorie complesse come l’altruismo, il conformismo, l’omosessualità o la supremazia del sesso maschile su quello femminile.
Questo tipo di impostazione e alcune posizioni estremistiche di sociobiologi che legittimano in termini biologico-genetici la divisione in classi sociali, la xenofobia e altri aspetti del comportamento sociale, proponendo eventuali modifiche e miglioramenti delle relazioni sociali tramite l’eugenica e l’ingegneria genetica, hanno portato a vive contestazioni delle teorie sociobiologiche. Il pericolo maggiore insito in una s. indiscriminata è quello di provocare un rifiuto non soltanto delle semplificazioni biologiche del comportamento umano ma anche di tutta la biologia nel suo insieme.
Per contro, uno dei meriti della s. consiste nel sollecitare un’apertura delle scienze sociali verso alcuni determinanti biologici dei comportamenti sociali, particolarmente evidenti nelle prime tappe dello sviluppo infantile, e nell’indicare l’importanza di alcuni aspetti e limiti biologici del comportamento sociale e dei rapporti con l’ambiente.