Delitto previsto e disciplinato dall’art. 422 c.p. commesso da chiunque, al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità. L’elemento oggettivo del reato consiste nel compimento di atti violenti obiettivamente idonei a creare un pericolo per la vita e l’integrità fisica della collettività. La condotta è a forma libera in quanto le modalità dell’azione possono essere di varia natura, potendo integrare anche gli estremi di altri delitti. Il delitto non si configura se gli atti compiuti si sono limitati a offendere la vita di una singola persona. Il profilo soggettivo è integrato dal dolo specifico, identificabile nella coscienza e volontà di porre in essere atti violenti con l’intenzione di attentare alla vita di una o più persone.
Il delitto di strage non è punibile a titolo di colpa sia per la formulazione della norma, sia per l’incompatibilità della fattispecie colposa con il dolo specifico. Il delitto è aggravato se dal fatto deriva la morte di una o più persone e, in tal caso, assorbe quello di omicidio. Pertanto, al fine di stabilire se l’uccisione di due o più soggetti sia qualificabile in termini di strage o a titolo di omicidio plurimo volontario, il giudice deve procedere a un’indagine globale che tenga conto dei mezzi usati, delle modalità esecutive del reato e delle circostanze ambientali che lo contraddistinguono (Cass. pen., sez. II, 10 febbraio 1994, n. 1695, Rizzi). Essendo una fattispecie annoverabile nella categoria dei reati di attentato, il tentativo è incompatibile. La norma in esame si applica fuori dai casi riconducibili all’art. 285 c.p. (devastazione, saccheggio e strage) in cui il dolo specifico è rappresentato dall'intenzione di realizzare un evento che produce i suoi effetti anche sulle istituzioni statuali, ledendo così la personalità dello Stato.