Uomo politico (Braunau am Inn, Austria Superiore, 20 aprile 1889 - Berlino 30 aprile 1945). Fondatore e Führer del nazionalsocialismo, per dodici anni cancelliere del III Reich, è annoverato tra i distruttori più efferati dell'umanità: il suo nome e la sua politica hanno lasciato segni indelebili nella storia del 20º secolo, per la totalitaria e sanguinosa sopraffazione dei Paesi occupati prima e durante la seconda guerra mondiale e per la politica razziale, in nome di una presunta razza ariana, che ebbe programmaticamente come primo e principale obiettivo la "soluzione finale", il genocidio del popolo ebreo (Shoah), con l'eliminazione nei campi di sterminio di circa sei milioni di Ebrei europei. Il suo terribile programma è concentrato nel Mein Kampf (La mia battaglia, 2 voll., 1925 e 1927).
Figlio di un impiegato bavarese della dogana austriaca di origini illegittime, H. non volle mai soffermarsi sulle confuse provenienze familiari, anche per il dubbio sopravvenuto che si potessero ritrovare ascendenze ebraiche. Frequentò a Linz la scuola tecnica fino alla morte del padre avvenuta nel 1903 e, dopo la morte anche della madre, si trasferì nel 1907 a Vienna, dove, caduta ogni illusione di poter seguire gli studi di arte e di architettura, si dovette rivolgere, per vivere, al mestiere di decoratore e di pittore. Negli anni viennesi si avvicinò ossessivamente alla musica, incarnando in Richard Wagner la concezione romantica del genio. Sempre a Vienna l'antisemitismo di K. Lueger e le ideologie nazionaliste e pangermaniste ebbero una grande influenza su H., cresciuto in un ambiente impregnato di antigiudaismo cattolico; soprattutto il pangermanismo dottrinale e razzista che dalla proclamazione dell'ineguaglianza delle razze giungeva a esaltare una unica razza, pura e perfetta, quella nordica in cui si veniva a identificare l'elemento germanico. Erano le teorie risalenti a J.-A. de Gobineau (amato anche da Wagner) e a H. S. Chamberlain, rilette da H. attraverso D. Eckart, che furono la base delle sue idee naziste iniziali e che via via si sarebbero ancor più drammaticamente 'affinate' con la teorizzazione sistematica di A. Rosenberg. H. maturava così un atteggiamento ostile sia nei confronti della forte comunità ebraica viennese, sia dell'internazionalismo dei socialisti. Trasferitosi a Monaco di Baviera nel 1912, vi lavorò come operaio edile; e, allo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914, si arruolò come volontario nelle file bavaresi: ferito nella battaglia della Somme (1916), la fine della guerra lo trovò ricoverato in un ospedale in Pomerania per una malattia agli occhi causatagli dai gas asfissianti inglesi, lanciati durante la battaglia di Ypres. Sotto choc per la sconfitta tedesca, H. si convinse che la catastrofe militare si doveva attribuire al tradimento interno alimentato dal marxismo e dal giudaismo. Ebbe inizio con determinazione nel primo dopoguerra la sua partecipazione alla vita politica, con il fine di riedificare la Grande Germania, contro gli intenti "distruttivi" delle decisioni di Versailles, sostenuti dai "traditori" interni della Repubblica di Weimar (1919-33) costituita dopo l'abbattimento della monarchia. Entrato nel settembre 1919 nel Deutsche Arbeiterpartei, il Partito tedesco dei lavoratori fondato da A. Dexler, trasformato nel 1920 in National-sozialistische deutsche Arbeiterpartei (NSDAP, Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori), nel luglio 1921 H. ne divenne il capo, affiancato da politici che esercitavano una profonda influenza sulla base degli iscritti. L'abbandono da parte del governo della politica di "resistenza passiva", già opposta all'occupazione francese della Ruhr, lo spinse, alleandosi con E. Ludendorff, a organizzare il putsch di Monaco (8-9 novembre 1923) per abbattere la ormai consolidata Repubblica di Weimar. Fallito il tentativo, H. fu condannato a cinque anni di fortezza, nella prigione di Landsberg. Fu proprio durante la prigionia che H. abbozzò l'opera programmatica del nazismo Mein Kampf (1a parte, 1925; 2a, 1927): un pot pourri di teorie sociali superficialmente elaborate attraverso il mito della superiorità ariana. Qui per la prima volta H. assunse per iscritto come autentici i Protocolli dei Savi anziani di Sion, il falso costruito dalla sezione francese dell'Ochrana zarista alla fine dell'Ottocento e simbolo dell'antisemitismo moderno, per colpire a largo raggio il mondo ebraico con l'accusa di avere ordito, insieme alla massoneria, una ramificata cospirazione mondiale. Nel dicembre 1924 H. veniva rilasciato, grazie a un'amnistia, e riprendendo il programma politico, economico e sociale esposto nei cosiddetti "25 punti" del 1920, si volse nel 1925 a ricostituire il partito, facendone lo strumento fedele ed efficace della sua volontà attraverso le organizzazioni militari, i "reparti d'assalto" SA (Sturmabteilungen) e le "squadre di protezione" SS (Schutz-Staffeln): esse furono le forze militarizzate del partito per la battaglia politica interna. La crisi economica e finanziaria e la crescente disoccupazione agevolarono il convogliamento verso il nazionalsocialismo del malcontento di vasti strati della popolazione. Il primo grande successo per il suo movimento H. lo colse nelle elezioni per il Reichstag del settembre 1930, in cui ottenne oltre sei milioni di voti. Scatenò, dopo essersi accordato con i Tedeschi nazionali e i gruppi politici reazionari del Fronte di Harzburg, una battaglia (sino al 1933) per impadronirsi del potere. Dichiarava da un lato di voler rispettare la legalità nelle modifiche costituzionali, dall'altro impegnava il partito in un'azione violenta di squadrismo terroristico. Nel luglio 1932 conseguì la vittoria politica risolutiva alle elezioni per il Reichstag, mentre in aprile era stato sconfitto alle presidenziali da P. L. von Hindenburg. Cancelliere del Reich dal 30 gennaio 1933, costituì un ministero di coalizione; ma, ottenuti già nel marzo seguente i pieni poteri, attraverso la soppressione delle libertà democratiche impose al paese una ferrea dittatura di partito. Già in questa prima fase H. propose l'inserimento nella legislazione del pubblico impiego di norme discriminatorie nei confronti degli Ebrei, più di due anni prima della promulgazione delle Leggi di Norimberga (settembre 1935) che sancivano l'abolizione dei diritti per i non ariani. Con la "notte dei lunghi coltelli" tra il 30 giugno e il 1º luglio 1934, H., con l'accordo di H. Göring e H. Himmler, diede l'ordine di effettuare la sanguinosa epurazione degli elementi più radicali del partito, E. Röhm e i fautori della cosiddetta "seconda rivoluzione"; arginava nello stesso tempo l'opposizione di destra, rappresentata da F. von Papen. Il 2 agosto del 1934, per effetto di una legge deliberata dal Consiglio dei ministri, le cariche di presidente del Reich e di cancelliere furono unificate e i poteri del presidente attribuiti a H. (ufficialmente denominato Führer und Reichskanzler). Amante del nuovo mezzo cinematografico e affascinato dal carattere teatrale, scenografico delle manifestazioni di massa cui aveva assistito nel dopoguerra a Vienna, sin da allora H. aveva iniziato ad acquisire consapevolezza degli effetti psicologici della messa in scena sulle grandi masse. Per affermare la grandiosità del suo disegno politico e della sua persona, H. giunto al potere utilizzò tutte le forme moderne della comunicazione; ne saranno esempi emblematici i film di propaganda, veri capolavori della regista nazista L. Riefenstahl, che mostrano l'agghiacciante creazione del consenso e del culto della personalità (Triumph des Willens, Il trionfo della volontà, 1935), oltre alla fredda celebrazione del mito della razza ariana (Olympia, 1938). Impadronitosi del vertice dello Stato, dopo il plebiscito del 19 agosto 1934, H. fondò il suo potere personale su un difficile equilibrio tra le forze rappresentate dal partito e dall'esercito. Da quel momento in poi la biografia di H. e la storia tedesca vanno a coincidere. Con l'ascesa di H. al potere in Germania, si consolidò l'affermazione del fascismo in Europa e nel mondo: attraverso il succedersi incalzante degli atti di una politica indirizzata a distruggere le clausole del trattato di Versailles, H. pose le basi per lo scoppio della seconda guerra mondiale. Nel 1936: militarizzazione della Renania; aiuti contro il governo repubblicano nella guerra di Spagna; costituzione dell'asse Roma-Berlino; patto Antikomintern. Nel 1938: annessione dell'Austria alla Germania (Anschluss); primo campo di concentramento e sterminio di Mauthausen; cessione dei Sudeti da parte della Cecoslovacchia decisa alla conferenza di Monaco; "notte dei cristalli" contro gli Ebrei in Germania. Nel 1939: occupazione di Boemia e Moravia; patto d'acciaio tra Italia e Germania; patto di non aggressione tra Germania e Russia. Il 1º settembre 1939 la Germania di H. invase la Polonia: fu lo scoppio delle seconda guerra mondiale. H. era convinto che questo fosse il solo mezzo per realizzare il "nuovo ordine" germanico; si autonominò nel 1941 comandante in capo dell'esercito, trascinando il nazionalsocialismo e il popolo tedesco a una comune rovina. Dalle file della Wehrmacht dopo le sconfitte di el-Alamein e soprattutto di Stalingrado sul fronte russo (gennaio 1943) nacquero gli sfortunati tentativi di sopprimere il dittatore: così con l'attentato compiuto il 23 marzo 1943 da F. von Schlabrendorff e con quello, del 20 luglio 1944, che determinò invece l'eccidio dei suoi promotori (fra i militari, l'esecutore materiale colonnello C. Stauffenberg, l'amm. H. Canaris, il mar. Witzleben, il gen. L. Beck, il gen. E. Hoeppner; fra i diplomatici, F. D. von Schulenburg). Con le ultime battute della guerra, davanti alla dilagante avanzata nemica H. si ritirò a Berlino dove, nel bunker del palazzo della Cancelleria, morì suicida con la compagna Eva Braun il 30 aprile 1945. La seconda guerra mondiale scatenata da H. è costata più di cinquanta milioni di vite umane, tra le morti in battaglia, l'eliminazione delle comunità ebraiche europee, degli zingari e dei deportati politici nei campi di sterminio, oltre agli eccidi dei combattenti della resistenza e delle popolazioni civili nei paesi occupati.
Oltre il classico J. C. Fest, Hitler, Frankfurt-Berlin-Wien 1973 (trad. it. Milano 1974), più volte rist. sino al 2002, nella sterminata letteratura su H., si vedano inoltre: I. Kershaw, Hitler 1889-1936, London-New York 1991 (trad. it. Torino 1999);E. Collotti, Hitler e il nazismo, Firenze 1994.