Comune delle Marche (124,84 km2 con 99.077 ab. nel 2020), capoluogo di provincia e di regione. La città sorge a 16 m s.l.m. sulle pendici nord-occidentali del Monte Conero, dove si apre la più importante insenatura del medio Adriatico. Il porto è il principale scalo commerciale e per passeggeri non solo delle Marche, ma anche delle regioni contermini; il movimento complessivo di navi si aggira sulle 2200 unità annue, con una quantità di merci di 9.209.643 t (2005), tanto più rilevante se si tiene conto che il movimento relativo ai combustibili liquidi (oltre 3 milioni di t annue) è stato interamente dirottato sulla vicina Falconara. Importante l’attività cantieristica navale, mentre fra gli altri rami del settore secondario si segnalano quelli meccanico (tubi, infissi), elettromeccanico, chimico-farmaceutico e alimentare. Notevoli fonti di reddito sono l’attività peschereccia e il turismo, favorito, oltre che dalla disponibilità di spiagge e attrezzature ricettive, dai collegamenti marittimi con la Dalmazia e la Grecia.
Il sito di A. fu abitato dall’età del Bronzo, come testimonia un insediamento protovillanoviano sul colle dei Cappuccini; successivamente sui rilievi a N dell’odierna città è attestata la civiltà picena. La vera e propria A. fu però fondata da esuli siracusani intorno al 390 a.C. e conservò i caratteri della sua origine greca anche sotto il dominio romano (municipio dopo la guerra sociale, più tardi colonia). Caduto l’Impero d’Occidente, dopo il periodo bizantino passò con le altre città della Pentapoli sotto il dominio del duca longobardo di Spoleto. Nel 917 respinse l’assedio dei Saraceni, che l’avevano già distrutta nell’848. Postasi sotto la protezione degl’imperatori d’Oriente, lottò contro Venezia, concludendo nel 1150 una pace onorevole. Difese la sua autonomia politica e commerciale respingendo l’assedio di Federico Barbarossa (1167) e quello di Cristiano di Magonza (1174). Nel 1348 fu occupata dai Malatesta e poi ceduta (1355) al cardinale Albornoz. La libertà comunale di A. cessò nel 1532, allorché con Clemente VII entrò sotto la sovranità diretta del papato. Tolta allo Stato della Chiesa dai Francesi, fu ridata al pontefice nel 1815 e gli appartenne fino al 29 settembre 1860. Per il plebiscito del novembre entrò a far parte del Regno d’Italia.
Dell’epoca romana restano importanti monumenti, come l’arco di Traiano, eretto da Apollodoro di Damasco (115) e l’anfiteatro, costruito sotto Augusto e rinnovato in età adrianea. Il Museo nazionale delle Marche ospita importanti reperti antichi. Varie le testimonianze di epoca paleocristiana e medievale: S. Maria della Piazza, dell’11° sec., modificata nel 1223; il duomo (S. Ciriaco), del 12° sec., sorto sulla basilica di S. Lorenzo del 4°-6° sec. d’impianto bizantino; la chiesa di S. Pietro, in parte ricostruita; il palazzo del Senato (13° sec., restaurato); palazzo Farina (fine 13°); S. Maria della Misericordia (1399). Tra le opere del 15° sec. sono la Loggia dei mercanti (Giorgio da Sebenico, 1459; perduti, all’interno, gli affreschi di P. Tibaldi); i portali di S. Francesco delle scale e di S. Agostino (Giorgio da Sebenico); il palazzo degli Anziani (Pinacoteca), terminato da Francesco di Giorgio; le fortificazioni del colle Astagno (Antonio da Sangallo). Fra le dimore del 16° sec., notevole il palazzo Ferretti (sede del Museo nazionale), ascritto a Tibaldi e affrescato da lui e dagli Zuccari, compiuto da L. Vanvitelli, cui si devono anche il Lazzaretto (1737) e l’Arco clementino (1738).
Provincia di Ancona (1.963,22 km2, ripartita tra 47 comuni, con 467.451 ab. nel 2020). È la più piccola provincia delle Marche come superficie e la più popolata (241,5 ab. per km2); si estende tra il Mar Adriatico e l’Appennino Umbro-Marchigiano, il suo principale asse trasversale è costituito dalla valle del fiume Esino; è quasi tutta montuosa o collinosa. L’incremento demografico inizialmente era concentrato in prevalenza lungo la fascia litoranea; successivamente, secondo una tendenza manifestatasi a partire dagli anni 1970, si è ridotto lo spopolamento delle zone interne collinari e appenniniche, dove peraltro lo sviluppo e la modernizzazione delle attività connesse all’agricoltura permangono, in più casi, problematici: in queste aree si sono manifestati segnali di ripresa soprattutto legati all’affermazione di attività turistiche e manifatturiere. L’andamento commerciale rispecchia la notevole incidenza dell’industria; in espansione soprattutto le esportazioni di prodotti della petrolchimica, della chimica, della meccanica, dell’elettronica e della metalmeccanica. Hanno mantenuto la loro importanza anche i settori tradizionali, in più casi organizzati in distretti locali sviluppatisi sulla base di un consolidato retaggio artigianale, come nel caso delle notissime industrie della carta (Fabriano), degli strumenti musicali (Osimo e Castelfidardo) e, infine, delle fabbriche di macchine agricole e stabilimenti per la lavorazione del legno (Iesi). L’agricoltura (cereali, vite, ortaggi, frutta) impegna un’esigua parte della popolazione attiva (3% nel 2003). La provincia è percorsa, lungo la costa, dalla linea ferroviaria Bologna-Lecce (nella quale, a Falconara, s’innesta la Roma-Ancona) e dall’autostrada Bologna-Canosa. In costante espansione il turismo balneare, in particolare lungo l’ampio tratto di litorale del promontorio del Conero.
Anconetano Denominazione di alcune monete d’argento (dette anche anconitani o agontani) del comune di A.: il denaro piccolo coniato verso il 1170; il grosso emesso in seguito, del valore di un soldo o 12 piccoli, con al dritto la croce e al rovescio il nome di s. Ciriaco protettore di Ancona. Alla fine del sec. 13° fu coniato un secondo grosso, detto più propriamente agontano, del valore di due soldi.