Cardinale e uomo politico (Parigi 1585 - ivi 1642). Di famiglia nobile ma non illustre, ebbe un'educazione letteraria accurata. L'improvvisa rinuncia al vescovado di Luçon, cui la famiglia Du Plessis aveva diritto dal 1584, da parte del fratello Alphonse fattosi certosino, allontanò A.-J. dalla carriera delle armi, già intrapresa. Consacrato vescovo nel 1607, a Luçon dette prova di notevoli capacità nel governo della diocesi, preoccupato di far valere l'autorità episcopale, come principio d'ordine spirituale e politico. Nominato deputato del clero del Poitou agli Stati Generali, si stabilì (1616) a Parigi, ottenendo con l'appoggio di Maria de' Medici la nomina a grande elemosiniere e poi a segretario di stato per la guerra e gli affari esteri. Quando però, tolta la reggenza alla regina madre (1617), Luigi XIII assunse il potere, R. preferì ritirarsi e ad Avignone si dedicò a studî teologici. La necessità di una mediazione tra il re e sua madre indusse dopo qualche tempo il favorito del re Charles de Luynes a richiamare R., che nel 1620 riuscì a ristabilire l'accordo, ottenendo per sé il cappello cardinalizio (5 sett. 1622). Abilmente manovrò tra il partito dei "devoti" della regina madre e i risentimenti antispagnoli di Luigi XIII, desideroso di restaurare la grandezza della Francia, appoggiandosi sui "buoni Francesi", guidati dal battagliero pubblicista F. Langlois de Fancan contro gli intrighi della grande nobiltà gelosa della preminenza del cardinale. Nominato nel 1624 ministro dirigente, il primo problema che R. dovette affrontare fu la questione della Valtellina; al disopra di ogni considerazione confessionale, egli si impegnò contro il pontefice, intimandogli lo sgombero delle truppe dalla regione (5 sett. 1624). Quindi, alleatosi con i Savoia e Venezia, intervenne a favore dei protestanti dei Grigioni, ma non volle estendere il suo intervento, che mirava a contrastare il predominio europeo della casa d'Austria, in altre combinazioni diplomatiche, e preferì porre termine, per allora, alla questione della Valtellina con il trattato di Monzón (1626): questa divenne autonoma, e i suoi castelli restarono presidiati dalle truppe papali, mentre ai Grigioni rimaneva una sovranità puramente nominale. R. parve subire così la volontà dei "devoti", che non volevano un conflitto contro la Spagna cattolica. Dovette quindi fronteggiare una congiura di palazzo che aveva lo scopo di assassinarlo, e di far succedere a Luigi XIII, allora ammalato gravemente, il fratello Gastone d'Orléans, che avrebbe dovuto sposare la regina cognata Anna d'Austria. R. aveva accettato la linea politica dei cattolici (in ciò scontrandosi con Fancan, finito perciò nella Bastiglia), anche perché preoccupato del problema interno degli ugonotti, appoggiati dagli Inglesi. Alleatosi allora con la Spagna, della cui flotta aveva bisogno, dopo aver superato il grave pericolo di un colpo di mano sull'isola di Ré da parte della flotta di Buckingham, partecipò personalmente all'assedio della roccaforte ugonotta, La Rochelle, che concluse nel 1628. Ma la necessità di sostenere i diritti successorî nel ducato di Mantova di Carlo Gonzaga-Nevers, decise Luigi XIII e R., contro la volontà della regina madre, a intervenire in Italia soccorrendo i difensori di Casale, stretta d'assedio dagli Spagnoli (1629). Tornato in Francia, R. vinse le ultime resistenze degli ugonotti ribelli in Linguadoca; ad Alais venne firmato dal re l'atto di "grazia" per cui venivano tolte agli ugonotti le "piazze di sicurezza", che avevano costituito quasi uno stato nello stato e si eliminava ogni distinzione giuridica tra cattolici e ugonotti, ora tutti egualmente sudditi del re. La decisione, avversata dalla regina, mise in gioco la posizione di R.; le sue dimissioni non furono però accettate da Luigi XIII e la riconciliazione fu ribadita dalla nomina ufficiale a "ministro principale" (21 nov. 1629). R. allora, come luogotenente generale, riprese la campagna in Italia e, inviato un ultimatum al duca di Savoia, Carlo Emanuele I, occupò Pinerolo mentre il re invadeva la Savoia. In seguito, una nuova sollevazione a corte tentò di eliminare R.; ma nel nov. 1630, la Journée des dupes (v.) portò al trionfo del cardinale, che ebbe riconfermata la fiducia del re: la regina prese la via dell'esilio, il ribelle Gastone fu costretto a rifugiarsi a Nancy, il duca di Montmorency, governatore della Linguadoca ribellatasi, fu giustiziato, e una serie di processi confermò il potere di Richelieu. Questi, per meglio bilanciare la pressione imperiale in Italia, si alleò allora con il re di Svezia Gustavo Adolfo (1631), costringendo l'imperatore, per concentrare tutte le sue forze in Germania, ad accettare la pace di Cherasco (6 apr. 1631), che assegnava Mantova e il Monferrato a Nevers e Trino e Alba al duca di Savoia. Ma l'alleanza con Gustavo Adolfo, che era stata stretta per difendere i privilegi e i diritti degli stati tedeschi contro l'imperatore, si rivelava incapace di frenare l'ostilità dello stesso Gustavo Adolfo contro la lega dei principi cattolici tedeschi, capitanata da Massimiliano di Baviera; la grave difficoltà però si dissolse, dopo l'invasione della Baviera, per la morte in battaglia a Lützen del re di Svezia. R., che fino allora si era preoccupato di combattere la casa d'Austria per via indiretta, da questo momento prese decisamente l'iniziativa. Strinse alleanza con la Svezia, con i Paesi Bassi, con il duca di Savoia (1635) e assoldò il grande capitano Bernardo di Sassonia-Weimar. Ma la perfetta preparazione diplomatica non poté bilanciare la superiorità delle truppe ispano-imperiali, che invasero la Francia, occupando Corbie e aprendosi la strada per Parigi. Tuttavia R., dominando le correnti disfattiste con energia formidabile, riorganizzò la difesa e ottenne una serie di successi. Sventata una nuova congiura (1642) capeggiata dal marchese H. de Cinq-Mars, favorito del re, volle che la monarchia si rendesse garante della continuità della sua politica, che egli, ormai ammalato gravemente, affidò a uomini di sua piena fiducia: il duca d'Enghien, il "Gran Condé", il marchese di Brézé e l'italiano Mazzarino. R. non si era preoccupato di creare o riformare istituzioni, bensì di distruggere i vecchi partiti, che disgregavano lo stato; perciò non volle creare un suo partito, ma, sentendo l'identità tra stato e sovrano, preparò i fondamenti dottrinali e pratici della monarchia di Luigi XIV. Suo principale obiettivo fu infatti, all'interno, il rafforzamento dello stato e quindi la limitazione del potere della nobiltà, e per questo creò un sistema amministrativo centralizzato, costituito da una fitta rete di funzionarî, di provenienza borghese, alle dirette dipendenze della corona. In politica estera, egli volle sempre dissociato, pur essendo uomo di Chiesa, l'elemento religioso dall'elemento politico: poté così creare con la Svezia e la Polonia la cosiddetta barriera dell'Est, a sfondo antiasburgico, impedendo altresì il costituirsi di una forte unità imperiale nel centro dell'Europa; era questo l'avvio a quell'assetto giuridico-politico che doveva essere consacrato nei trattati di Vestfalia. ▭ R. lasciò molti scritti tra i quali importanti i Mémoires, sulla cui autenticità si è molto discusso: le Lettres, instructions diplomatiques et papiers d'État de Richelieu furono raccolte in 8 voll. (1853-77) da G. D'Avenel. Amante della cultura e delle belle arti, fondò l'Académie de France e adunò nel suo palazzo di Place Royale a Parigi una preziosa biblioteca (oggi fa parte della Bibliothèque nationale) e ricchissime collezioni d'arte che, ereditate in gran parte dal nipote A.-J. de Vignerot Du Plessis duca di R., furono vinte dal re in una partita di pallacorda; sono oggi al Louvre i 2 Prigioni di Michelangelo, la S. Anna di Leonardo, i Baccanali di N. Poussin. Altre opere passarono nella collez. di Philippe II duca d'Orléans (v.); altre sono oggi a Versailles e al museo di Berlino. Andò dispersa la collezione di ritratti.
Ricamo Richelieu. - Ricamo a intaglio che si distingue dagli altri per le barrette di fondo che, invece di essere lisce, sono ornate con pippolini. Così chiamato perché adornava solitamente i colli del cardinale Richelieu.