Associazione criminale esistente nel Napoletano fin dall’epoca spagnola (16° sec.). Occorre distinguere tra c. tradizionale, durata fino alla Seconda guerra mondiale, e il fenomeno camorristico contemporaneo.
Nella situazione e concezione tradizionale, comportarsi in maniera camorristica significava agire in conformità a un codice di prestigio e di supremazia, che prevedeva l’uso della violenza e della frode nel corso di una serie di scontri e di competizioni tra individui e gruppi. Ciò portava all’emersione di «un’élite» di uomini di c., che cercavano di stabilire un potere di governo su una data zona, tramite la creazione di un gruppo di amici, clienti e consanguinei disposti ad appoggiarli nell’esercizio delle loro attività. Ogni gruppo tendeva a monopolizzare l’intera gamma delle attività illegali e paralegali (gioco d’azzardo, prostituzione, contrabbando, estorsioni ecc.) che si svolgevano sul proprio territorio, insieme a una quota limitata degli affari legali. I rapporti tra gruppi camorristici confinanti conoscevano fasi di cooperazione alternate a fasi di conflitto anche molto acute. I camorristi godevano di una cospicua legittimazione popolare, cui si aggiungeva un’antica delega da parte delle autorità ufficiali per la gestione dell’ordine pubblico.
Il cambiamento della c. dopo la Seconda guerra mondiale può essere interpretato nei termini di uno sviluppo delle funzioni economiche e politiche svolte dal potere camorristico, che rinuncia a collaborare al mantenimento dell’ordine pubblico. Nel corso degli anni 1970 e 1980 la c., rinvigorita anche dalla crisi delle strutture statali preposte alla repressione della criminalità, si orienta verso l’accumulazione e l’imprenditorialità, coinvolgendo ampi settori del mondo politico ed economico e costituendo un potere economico autonomo dal potere politico. La crescita del potere camorristico è dovuta anche all’incremento dell’offerta di lavoro criminale, soprattutto minorile, nell’area napoletana. Dopo lo smembramento della Nuova c. organizzata, il raggruppamento criminale facente capo a R. Cutolo (1983), nel corso degli anni 1990 si è registrato il permanere di una struttura frammentaria, che ha accentuato la conflittualità e la rivalità tra i clan per il controllo territoriale. Amplissimo è il ventaglio delle tipologie d’affari delle organizzazioni camorristiche: dall’usura alle truffe fiscali, al contrabbando di sigarette, al traffico e spaccio di stupefacenti, alla gestione del lotto clandestino, alle rapine, all’estorsione di tangenti sulle attività economiche, all’importazione clandestina di armi. Centrali negli interessi della c. risultano altresì il controllo della gestione degli appalti pubblici, anche fuori della provincia di Napoli e, tra le attività non tradizionali, il traffico dei rifiuti. Si segnala infine la tendenza dei clan camorristici a proiettarsi in aree esterne alla Campania, dove la presenza di attività produttive e la circolazione della ricchezza consentono il riciclaggio dei profitti illeciti.