Poema di Dante Alighieri in terzine di endecasillabi a rime incatenate (ABA, BCB, CDC ecc.). È diviso in 3 cantiche, Inferno, Purgatorio e Paradiso, e ogni cantica in 33 canti; pertanto l'opera, con il canto del proemio, consta di 100 canti (3 e 10 erano per Dante numeri di speciale significato, come simbolo l'uno della Trinità, l'altro di perfezione).
Il poema è il racconto fantastico del viaggio compiuto da Dante tra l'8 e il 14 apr. 1300, attraverso i tre regni dell'oltretomba; il viaggio nell'aldilà è tema assai diffuso nel Medioevo occidentale e islamico, ma Dante poco o nulla derivò da essi, rifacendosi piuttosto all'Eneide di Virgilio. Scopo dichiarato del poema è di riportare gli uomini sulla via del bene e della verità, mediante la rappresentazione delle pene e dei premi che attendono rispettiv. i peccatori e i buoni nella vita eterna. Il racconto, nel suo schema fondamentale, ha un preciso significato allegorico. Dante che, smarritosi in una selva, per uscirne è condotto prima da Virgilio a visitare l'Inferno e il Purgatorio, e poi da Beatrice alla visione dei beati e di Dio nel Paradiso, rappresenta l'anima umana che, caduta nell'errore e nel peccato, riconosce gli sbagli e se ne pente sotto la guida della Ragione o Sapienza umana (Virgilio). L'anima, così purificata, può poi comprendere le superiori verità della fede, sotto la guida della Sapienza divina affidata al magistero della Chiesa, cioè della Teologia (Beatrice), e pervenire alla beatitudine celeste e all'unione con Dio, che è il fine ultimo per cui essa è stata creata e a cui naturalmente tende.
L'aldilà è descritto da Dante secondo un ben preciso schema architettonico. Tutto l'oltretomba si dispone intorno a un asse ideale che parte dal centro di Gerusalemme e, attraverso la voragine infernale che si apre sotto la città, giunge al centro della Terra. Da qui, prolungato sino all'altro emisfero, diventa l'asse di un tronco di cono (Purgatorio), andando a finire al centro di un piano (Paradiso terrestre) dove termina, che è quindi diametralmente opposto a Gerusalemme. Prolungandosi ancora, l'asse ideale sale, di cielo in cielo, sino al centro della rosa dei beati, cioè dell'Empireo.
Gli studiosi ritengono che la D.C. sia stata composta da Dante durante l'esilio (forse a partire dal 1304 o dal 1307); è inoltre probabile che le due prime cantiche siano state divulgate durante la vita di Alighieri, mentre il Paradiso venne pubblicato postumo. Quanto al titolo, è da osservare che nel Medioevo si era persa la nozione di tragedia e commedia come rappresentazioni sceniche; questi termini, quindi, indicavano semplicemente componimenti narrativi, che si distinguevano tra loro per diversità di contenuto (fine doloroso, personaggi socialmente e culturalmente alti, la tragedia; lieto fine, personaggi borghesi o popolari, la commedia) e per la lingua e lo stile (raffinati nella tragedia, più semplici nella commedia). La presenza nella D.C. di toni e argomenti quotidiani, anche se mescolati ad altri elevati ed elevatissimi, portò pertanto Dante a scegliere di intitolare Comedìa il suo poema. L'aggettivo divina, usato per primo da G. Boccaccio, divenne parte stabile del titolo dopo la sua apparizione sul frontespizio dell'edizione veneziana del 1555.