Romanziere (Rouen 1821 - Croisset 1880). Figlio dell'illustre chirurgo Achille-Cléophas, compì gli studî secondarî a Rouen (1832-40); quindi fu indirizzato dalla famiglia agli studî giuridici e inviato a Parigi; ma egli riconobbe presto la sua vocazione letteraria. Sin dagli anni del liceo aveva redatto da solo un piccolo giornale scolastico, Le Colibri, pubblicandovi scritti in cui possono già scoprirsi alcuni tratti del futuro romanziere e artista; leggeva gli scrittori romantici, Chateaubriand, Byron, Hugo; si era iniziato al culto di Goethe; aveva scritto pagine di qualche valore (Mémoires d'un fou, 1838; Novembre, 1842). Nel febbraio del 1843 cominciò una prima Éducation sentimentale (terminata nel 1845), per concretare, nelle forme ampie e obiettive di un romanzo alla Balzac, le sue prime conclusioni sulla vita: lo sfiorire dei sogni giovanili al contatto col reale. Nel gennaio 1844 un gravissimo male nervoso troncò i suoi studî: cominciò allora una esistenza solitaria tutta dedita all'arte. Nel 1846 si stabilì a Croisset, in una sua proprietà isolata nelle vicinanze di Rouen. Quivi trascorse, si può dire, tutta la vita, povera di avvenimenti, e qui andò acquistando sempre più netta coscienza della propria missione letteraria: completare e purificare la rivoluzione romantica, liberando dalle tare deformanti (autobiografismo, disordine passionale, asservimento a interessi extra-artistici) il suo ideale di verità e di bellezza. F. fu il primo in Francia a giungere al concetto di stile, inteso come creazione estetica pura. Con quale intensità abbia vissuto il problema teorico dell'arte appare dalla sua Correspondance (specie dalle lettere a L. Colet e a G. Sand). Fanatico, fino all'assurdo, della propria dottrina, egli vuole che le sue opere ne siano l'applicazione sempre più rigorosa: per evitare la "personalità" egli comprime il lirismo; per non sottostare come artista alle sue passioni di uomo si rifugia nell'ironia: maschera ingenua che non nasconde a nessuno il suo vero pensiero e che mette come una stonatura nella lirica purità delle sue fedi. Con l'aumentare degli anni si ha un'attenzione sempre maggiore ai problemi contemporanei e un più vivo contrasto (artisticamente funesto) tra la sua coscienza di uomo moderno e la sua dottrina intransigente di un'arte impersonale, impassibile, inattuale, fine a sé stessa. Il primo grande lavoro, dopo la crisi giovanile (1844-45), fu la Tentation de Saint Antoine (1ª red., terminata nel 1849, pubbl. postuma nel 1910), magnifica espansione lirica, prima obiettivazione del turbinoso romanticismo che ingombrava il suo animo. Madame Bovary (pubblicata dapprima a puntate sulla Revue de Paris, nel 1856, poi in volume, aprile 1857) riprende il tema della prima Éducation sentimentale: l'urto dei sogni romantici con la realtà quotidiana. Imbrigliata la fantasia col legarla a una storia reale e a un ambiente preciso, il F. riesce a inserire nella verità umana il poema del disinganno che l'ossessionava fin dall'infanzia. Riesce a dominare il suo sogno abbassandolo, incarnandolo in una eroina troppo impari alla propria chimera; ma la pietà e l'ironia restano mirabilmente congiunte. Il successo della Bovary (anche per lo scandalo e il processo che suscitò: v. Madame Bovary) incoraggiò il F. ad altri tentativi, Salammbô (1862) e l'Éducation sentimentale (1869) segnano la piena maturità del suo genio; bisogna, per comprenderle, non separarle. Salammbô è la vita come egli la sogna: incendio pittoresco di passioni grandi e inflessibili, libero spiegarsi degl'istinti nella gran festa del mondo, unità di tutto l'essere verso uno scopo degno: vita che solo l'antichità ha realizzato. L'Éducation sentimentale è l'umanità moderna: naufragio di piccole volontà dietro scopi meschini, indifferenza od ostilità alla libera bellezza delle forme e degl'istinti. Uguale per i due libri è l'illusione di raggiungere l'impersonalità mercé la più meticolosa documentazione. Ma per quanto mirabile sia stato nei particolari lo sforzo del ricostruttore, in tutte e due le opere l'obiettività della visione storica resta illusoria: è troppo brutale e spasmodica l'antichità (e come soffocata dall'erudizione dell'artista), com'è troppo insignificante la vita moderna. Dopo quei due capolavori il F. non si rinnova più. Le due nuove grandi opere: la Tentation de Saint Antoine (1874), 3ª redazione (a un rimaneggiamento della prima aveva proceduto nel 1856, con l'intenzione di pubblicarla con la Bovary, ma poi le persecuzioni giudiziarie contro quest'ultima lo avevano distolto) e Bouvard et Pécuchet (troncato dalla morte e pubblicato postumo nel 1881; ma si veda l'ed. critica curata da A. Cento, 1964) confermano la sua potenza di stilista, ma riescono inferiori alla sua genialità di creatore; l'ironia pietosa si appesantisce in riso materiale, in sarcasmo. Un coeur simple (1876), uno dei suoi "trois contes", è ancora una conquista generale: vi appare più profonda e austera la silenziosa pietà che aveva creato Charles Bovary e Madame Arnoux. Saint Julien l'Hospitalier e Hérodias riaffermano, contro il naturalismo positivista, il culto della forma, della pura bellezza. Alcuni progetti di vario genere (tra gli altri quello di un romanzo sulle Termopili), qualche tentativo teatrale (uno solo arrivò alla ribalta, ma senza successo, Le candidat, 1874) testimoniano la vivacità, fino all'ultimo, della sua vocazione letteraria. Postume furono pubblicate anche altre sue opere, di un certo interesse: Par les champs et par les grèves (1885), impressioni di viaggio, in collaborazione con Maxime Du Camp; il Dictionnaire des idées reçues (1913). Notevole la sua Correspondance, pubblicata dapprima in 4 volumi (1887-93), poi in varie edizioni aumentate.