libretto d’opera Componimento drammatico, per lo più in versi, scritto appositamente (spesso riducendo e adattando altra opera letteraria – commedia, dramma ecc. – o ricavandone la materia) per offrire il testo al compositore di un’opera musicale. I primi l. (detti favole, favole pastorali, drammi ecc.) furono scritti da L. Guidiccioni-Lucchesini nel 1590 per la musica di E. de’ Cavalieri (Il satiro, La disperazione di Fileno) e da O. Rinuccini per I. Peri (Dafne, 1594; Euridice, 1600). Questi primi esempi mancano di dialoghi e pezzi d’insieme, che apparvero per la prima volta nei l. della scuola romana, animata da G. Rospigliosi, poi papa Clemente IX. La novità della scuola monteverdiana (guidata dallo stesso C. Monteverdi con l’Incoronazione di Poppea, libretto di G.F. Busenello, 1642) fu l’introduzione, accanto all’elemento serio, di quello comico. Nascevano intanto con G.B. Lulli (librettista ufficiale P. Quinault) l’opera francese, preoccupata soprattutto degli elementi drammatici o almeno scenici, e con H. Purcell (su testi di J. Dryden e d’altri) l’opera inglese. Con F. Provenzale e A. Scarlatti ebbe inizio la cosiddetta scuola napoletana. Celebri librettisti furono in seguito P. Metastasio, che diede al l. dignità di contenuto e di forma e i cui 26 testi furono musicati più di 800 volte; R. Calzabigi (1714-1795), il cui apporto fu decisivo per la riforma di C.W. Gluck; L. Da Ponte (1749-1838) che con i suoi testi ispirò il genio operistico mozartiano; T. Solera (1815-1621), S. Cammarano (1801-1852), F.M. Piave (1810-1867) e A. Boito (1842-1918) che assecondarono le esigenze del teatro di G. Verdi; H. von Hofmannsthal (1874-1929) che fu librettista di R. Strauss.