Con tale espressione si indica ogni alterazione dello stato di salute che comporti un’incapacità al lavoro, con l’esclusione delle fattispecie che rientrano nella specifica disciplina sugli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. La tutela opera nei confronti dei casi che rendono il lavoratore inidoneo allo svolgimento delle proprie mansioni; queste ultime, infatti, sono individuate con riguardo al tipo di prestazione contrattualmente dovuta. La malattia, infatti, incide in maniera e misura differente sull’abilità al lavoro dell’individuo, in relazione all’attività da svolgere e all’ambiente di lavoro. La malattia sospende il rapporto di lavoro; durante la sua assenza, il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto, per il periodo di tempo previsto dalla legge o dai contratti collettivi, e vede inoltre decorrere l’anzianità di servizio. Per quanto concerne il trattamento economico, al lavoratore è dovuta la retribuzione o un’indennità nella misura e per il tempo determinati dalla legge, dalla contrattazione collettiva, ovvero dagli usi o secondo equità (art. 2110 c.c.). Tra le fattispecie di malattia che giustificano l’assenza dal lavoro: l’impossibilità a svolgere la prestazione dovuta derivante dal doversi sottoporre a terapie mediche che non consentono la presenza sul luogo di lavoro; la necessità di effettuare emodialisi; gli interventi di chirurgia necessari per eliminare vizi funzionali; l’alterazione psichica derivante dall’assunzione continuata di bevande alcoliche. Anche la convalescenza deve essere computata al fine di determinare il periodo di assenza per malattia. Ai lavoratori con qualifica di impiegato sono riconosciuti, ai sensi dell’art. 6, r.d.l. n. 1825/1924, i seguenti periodi di comporto (periodi durante i quali il datore di lavoro non può validamente esercitare il suo diritto di recedere dal contratto): 3 mesi, per anzianità di servizio non superiore a 10 anni; 6 mesi, per anzianità di servizio superiori. I contratti collettivi contengono, generalmente, periodi superiori, sia per impiegati sia per gli operai. Ciascuna delle parti contrattuali può recedere dal contratto al termine di tale periodo (art. 2118 c.c.). La contrattazione collettiva consente di chiedere, prima della scadenza del termine, un periodo di aspettativa, senza retribuzione e senza decorrenza dell’anzianità di servizio, da aggiungersi al periodo di malattia; ma il datore di lavoro non è tenuto a concedere tale prolungamento. Al fine di evitare il superamento del periodo di comporto, la giurisprudenza ritiene che il lavoratore possa chiedere la fruizione delle ferie già maturate; il datore di lavoro non è tenuto a concedere le ferie per tale ragione, motivando tale diniego. È ritenuto inefficace il licenziamento intimato in costanza di comporto. In linea generale, non è consentito svolgere altra attività lavorativa durante la malattia, in virtù dell’interesse del datore di lavoro alla guarigione del lavoratore. Se assente per malattia, il lavoratore deve comunicare tempestivamente il suo stato, con le modalità stabilite dai contratti collettivi, e sottoporsi a visita presso il proprio medico curante, il quale rilascia un certificato, che il lavoratore deve trasmettere in copia al datore di lavoro, indicando il proprio domicilio durante la malattia. Nei casi in cui il lavoratore ha diritto all’indennità di malattia da parte dell’INPS, deve inviare copia del certificato anche alla sede dell’Istituto sita nel luogo in cui risiede.
Assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali
Lavoro. Diritto costituzionale