Gruppo linguistico indoeuropeo che comprende la lingua degli antichi Umbri, la lingua osca delle genti di stirpe sannitica (Sanniti, Campani, Lucani, Bruzi), i dialetti di Sabini, Equi, Ernici, Volsci, Marsi, Vestini, Marrucini e Peligni. Oltre che da isolate glosse, queste lingue sono note da un’abbondante documentazione epigrafica. Tra i testi più importanti, per l’umbro, le Tavole iguvine, per l’osco, il Cippo abellano, la Tabula bantina, la Tavola di Agnone.
Le varietà o. rivelano notevoli concordanze con il latino, ma queste, un tempo spiegate con una stretta parentela originaria, sono ora in buona parte attribuite al lungo periodo di contatti e di scambi linguistici avvenuti tra latino e osco-umbro. Lentamente, durante i secoli dell’età repubblicana, i dialetti o. furono sopraffatti dal latino, non senza lasciare però notevoli tracce nel latino prima, e quindi nei dialetti neolatini dell’Italia centro-meridionale (per es., nn, invece di nd: quanno per quando). All’interno della famiglia indoeuropea, il gruppo o. si caratterizza per i seguenti tratti: nella fonetica, la tendenza a restringere la pronuncia di ē tonico in un suono rappresentato in osco con í o íí, e in umbro con e, ei e quella di ō tonico o in un suono rappresentato rispettivamente con ù e o oppure in u; la tendenza al dileguo delle vocali postoniche; la labializzazione delle labiovelari (osco pis, umbro pisi = lat. quis da un *qu̯is originario); la rappresentazione delle originarie sonore aspirate gh e dh, bh, gu̯h con le spiranti sorde h e, rispettivamente, f, in posizione sia iniziale sia interna; nella morfologia, il futuro in s (umbro fere-s-t «porterà»); la desinenza secondaria in -ns della 3ª persona plurale (o. deicans = lat. dicant); la desinenza di passivo in -r ecc.; nel lessico, la presenza di voci che non trovano corrispondenze con il latino ma con il greco o con le lingue germaniche e baltoslave.
All’interno del gruppo, l’umbro si caratterizza per una maggiore tendenza a innovare: monottongazione dei dittonghi originari (umbro e, osco ai ecc.), rotacismo di s intervocalico e finale (umbro erer, osco eíseís, lat. illius) e di d intervocalico (umbro peři o persi, lat. pede), e assibilazione di k davanti alle vocali e e i (umbro façia, osco fakiiad, lat. faciat). Molte di queste innovazioni si sono estese al latino in diversi momenti dell’età repubblicana e imperiale.
Per quanto riguarda l’alfabeto, quello o. deriva, come tutti gli altri alfabeti italici, dall’etrusco.