Complesso di edifici e di attrezzature in terreno aperto aventi lo scopo di effettuare sia misurazioni sia registrazioni, continue nel tempo, di grandezze geofisiche; salvo i pochi casi del passato di osservatori ‘generali’, essi assumono per lo più una denominazione che indica la natura delle grandezze osservate: osservatorio geomagnetico, glaciologico, idrologico, meteorologico, sismico, vulcanologico ecc. Per quanto riguarda la dislocazione, nel passato si tendeva a porre gli osservatori il più vicino possibile ai luoghi dove si originavano i fenomeni indagati e comunque dove le osservazioni non fossero alterate sensibilmente da fattori antropici; il limite di questo criterio consisteva nella necessità di trovare un ragionevole compromesso fra la tendenza all’isolamento dal consorzio umano ‘disturbante’ e le esigenze di comunicazione con tale consorzio, derivanti dalla presenza nell’osservatorio del personale, talora numeroso, adibito alla strumentazione. La strumentazione usuale consisteva in terne di sismografi, delle quali una a breve periodo, per terremoti vicini, e le altre a medio e lungo periodo, per terremoti lontani. In ogni modo, data l’impossibilità di creare una rete abbastanza fitta di tali costosi osservatori, la copertura del territorio, molto importante per tutti i fenomeni geofisici a grande scala spaziale, restava piuttosto precaria.
Due fatti hanno determinato una profonda evoluzione di queste impostazioni: l’introduzione, avvenuta a partire dagli anni 1960, di strumenti di telemisurazione geofisica via cavo telefonico e via radio con elettronica a stato solido; un’accresciuta attenzione portata, in termini di protezione civile, alla sorveglianza del territorio nazionale italiano relativamente all’evenienza di catastrofi naturali, quali grandi frane, alluvioni, terremoti rovinosi, eruzioni vulcaniche pericolose ecc. Soprattutto per l’ampia copertura regionale richiesta dall’evenienza di queste catastrofi la politica dei grandi osservatori geofisici ‘tuttofare o quasi’ è stata sostanzialmente abbandonata, salvo che per pochi osservatori molto specializzati ‘locali’. Al loro posto sono state realizzate reti di osservazione, costituite da un numero, anche notevole, di posti di osservazione, collegati via linee telefoniche esclusive, oppure via radio, a un centro di osservazione. In questo centro i segnali provenienti dai posti di osservazione sono avviati a indicatori per l’osservazione diretta e, soprattutto, a un elaboratore elettronico che li memorizza e li elabora, per es. per ricavare elementi di prognosi del tempo meteorologico o per localizzare epicentro e ipocentro di un terremoto, pilotando tempestivamente nella regione giusta l’intervento dei servizi di protezione civile. I posti di osservazione sono automatici e autoalimentati, costituiti da un appropriato trasduttore a uscita elettrica il cui segnale è impresso su una delle sottoportanti di un sistema canalizzato sulla via di trasmissione. È stato così possibile conseguire una serie di importanti progressi.
Il susseguirsi di eventi meteorologici particolarmente intensi, seguiti da alluvioni e frane, in diverse aree del territorio nazionale ha indotto le autorità governative italiane a varare una legislazione d’emergenza rivolta alla realizzazione di reti di osservatori per il rilevamento delle grandezze pluviometriche e idrometriche con dettaglio superiore al passato. Si sono così infittite le reti preesistenti di rilevamento diretto e di telerilevamento meteorologico, allo scopo di produrre analisi molto accurate della fenomenologia atmosferica e di flusso idrico sul territorio per previsioni a brevissima scadenza. Le rilevazioni delle reti di osservatori così potenziate forniscono un insostituibile supporto alle decisioni per gli addetti al servizio di protezione civile preposti all’emissione degli avvisi nelle aree a rischio, nonché alle valutazioni circa interventi quali l’allontanamento della popolazione dalle aree a rischio alluvionale, franoso ecc.