Istituto del processo civile diretto ad attribuire in titolarità a una delle parti un potere processuale previamente estintosi in quanto non esercitato nel termine previsto dalla legge a pena di decadenza.
L’ordinamento italiano prevede come regola generale la rimessione in termini allorquando la parte sia incorsa in una decadenza per causa a essa non imputabile (art. 153, co. 2, c.p.c.). Il giudice, se ritiene verosimili i fatti allegati, ammette, quando occorre, la prova dell’impedimento e quindi provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto dell’istanza di rimessione.
La rimessione opera nei confronti della parte costituita che sia incorsa in decadenze, ma anche a favore del contumace. In riferimento alla posizione del contumace, peraltro, sussistono regole specifiche che devono essere lette e integrate alla luce di quanto dispone l’art. 153 co. 2, c.p.c. Più in particolare il contumace costituitosi tardivamente è rimesso in termini se dimostra che la nullità della citazione o della sua notificazione gli ha impedito di aver conoscenza del processo o che la costituzione è stata impedita da causa a lui non imputabile (art. 294 c.p.c.). A questa previsione si aggiunge, poi, la regola prevista dall’art. 329 c.p.c., secondo cui non si applica il termine lungo previsto per proporre le impugnazioni ordinarie (sei mesi dalla pubblicazione della sentenza) nei confronti del contumace allorquando questi dimostri di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione o per nullità della notificazione della citazione stessa o degli atti che devono essere comunque notificati alla parte contumace.
Particolari applicazioni dell’istituto si riscontrano in materia di procedimento per ingiunzione e di procedimento per convalida di sfratto, laddove è consentita l’opposizione tardiva (art. 650 e 668 c.p.c.), ovvero oltre i termini previsti dal legislatore a pena di decadenza, alla parte che provi di non aver avuto tempestiva conoscenza del processo per irregolarità della notificazione, per caso fortuito o forza maggiore, nonché alla parte che provi di non aver potuto comunque opporsi per caso fortuito o forza maggiore. In generale la funzione dell’istituto è quella di compensare la perdita di elasticità processuale che si verifica allorquando il legislatore, per garantire lo svolgimento ordinato del processo, impone alle parti l’esercizio dei poteri processuali entro termini perentori (Preclusione).
Termine. Diritto processuale civile