Dal ricalcolo di una pensione può derivare un credito, ma anche un debito a carico dell’interessato, che nella generalità dei casi scaturisce dal mancato riconoscimento di una contribuzione, in tutto o in parte accreditata in precedenza, o di una situazione o di un requisito essenziale, dai quali consegue la riduzione o la revoca del trattamento pensionistico. Da tale circostanza può scaturire un’indebita erogazione del trattamento pensionistico a favore del soggetto interessato e a danno dell’istituto erogatore. In tal caso la pensione ricalcolata viene versata nella misura esatta, sostituendo la precedente, le somme indebitamente pagate dall’ente sono recuperate dallo stesso, in un’unica soluzione o ratealmente, entro il limite di 24 mesi (ogni singola ritenuta mensile non dovrà essere superiore a un quinto dell’ammontare della pensione, ex art. 69 l. n. 153/1969). Diversamente, in caso di revoca del trattamento pensionistico, l’ente, non potendo effettuare alcuna ritenuta previdenziale, può dare seguito alle ordinarie procedure per il recupero del credito spettante. L’importo da recuperare non può essere maggiorato da alcun interesse, salvo che l’indebito sia stato causato dal comportamento doloso del beneficiario del trattamento pensionistico. I crediti derivanti da indebito previdenziale si prescrivono nel termine ordinario decennale che non opera d’ufficio, ma deve essere eccepito dall’interessato. Esistono in materia una serie di sanatorie, per bilanciare l’interesse al recupero dell’indebito previdenziale corrisposto dall’ente previdenziale con la tutela del pensionato che lo ha trattenuto in buona fede. Poiché la disciplina del recupero degli indebito varia a seconda del momento in cui questi si sono verificati, per poter determinare la normativa applicabile al caso concreto è necessario far riferimento al momento di esecuzione del pagamento non dovuto. In presenza di determinati requisiti soggettivi e oggettivi, consente a chi ha indebitamente percepito prestazioni previdenziali di trattenere quanto ricevuto in pagamento (cosiddetta soluti retentio). Tale regime costituisce una deroga al principio generale sancito dall’art. 2033 c.c., in base al quale chi esegue un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. La ratio sottesa a tale disciplina risiede nella necessità di garantire la tutela dello stato di bisogno del destinatario della prestazione previdenziale, percettore in buona fede di somme superiori a quelle spettanti, che viene esonerato dall’obbligo di restituzione, ritenuto troppo gravoso per la (presunta) naturale destinazione di quanto ricevuto al soddisfacimento delle esigenze elementari di vita propria e dei familiari. Il suddetto principio di irripetibilità degli indebiti pensionistici opera soltanto nell’ipotesi in cui il percettore sia in buona fede, e in relazione a somme corrisposte in base a provvedimento formale e definitivo, del quale sia stata data espressa comunicazione all’interessato e che esso risulti viziato da errore di qualsiasi natura, imputabile all’ente erogatore. Nel caso di dolo del percettore, la recuperabilità è, invece, totale.