Profanazione di ciò che è sacro. Il termine latino sacrilegium (come il gr. ἱεροσυλία) originariamente aveva un significato molto ristretto, indicando semplicemente il furto di oggetti sacri da luoghi sacri e soltanto più tardi si estese a ogni sorta di oltraggio contro le divinità. Sia nel suo significato originario sia, più tardi, in quello più esteso, il s. era considerato nel mondo classico come un delitto grave ai danni dello Stato, in quanto commesso contro gli dei dello Stato. Ad Atene il s. era punito con la pena capitale, la confisca dei beni e il divieto della sepoltura in terra attica. Ancora nel periodo classico nello stesso modo era considerato e trattato chi avesse danneggiato oggetti ritenuti sacri, per es., gli ulivi della dea Atena, o le erme, oppure avesse violato norme sacrali, come quelle che riguardavano le feste pubbliche o il segreto misterico. A Roma nel periodo arcaico il reato del s. era punito con la morte; più tardi solo con una multa, fino alla legislazione augustea che decretò l’esilio per i sacrileghi. Anche a Roma, s. era solo quello commesso contro la religione pubblica, contro i templi dello Stato, e soltanto lo Stato poteva estendere l’inviolabilità su templi non romani. Ciononostante il saccheggio di templi, anche di popoli nemici, era riprovato dall’opinione pubblica.
Il concetto classico del s., come pure quello di altre civiltà (anche l’Antico Testamento, per es., prevedeva pene severissime per la profanazione di luoghi e cose sacre e quindi del nome divino), sono sviluppi particolari di idee radicate in una mentalità religiosa caratteristica dei cosiddetti popoli di interesse etnologico, presso i quali il comportamento dell’individuo è regolato da una serie di interdizioni religiose (➔ tabu). In caso di violazione di un tabu la comunità procede all’eliminazione del colpevole, perché, avendo questi offeso le norme sacrali che regolano l’esistenza del gruppo, non solo ha compromesso l’equilibrio tra la società e le potenze superiori, ma si è reso impuro e l’impurità è contagiosa; perciò può non esservi differenza tra infrazioni più o meno gravi. La distinzione tra s. delitto contro la società e peccato di natura morale è un prodotto storico relativamente recente.
In diritto canonico, si distingue il s. personale, commesso contro una persona in stato clericale o religioso (atti di violenza fisica contro la persona stessa; ingiusta imposizione di servizio militare, pagamento di tasse ecc.; peccati contro la castità con una persona legata da voto pubblico o astretta da obbligo ecclesiastico); il s. reale consistente nella profanazione di cose sacre (cioè destinate al culto divino mediante la dedicazione o la benedizione costitutiva); il s. locale, che si ha quando viene commesso un fatto che, secondo il diritto canonico, importa violazione di un luogo sacro (Codex iuris canonici can. 1376.), oppure è violata l’immunità di un tale luogo.