Veda Complesso di testi sacri da cui prende nome la più antica religione delle popolazioni arie dell’India (vedismo), da cui successivamente si svilupperà l’induismo. I V. sono compresi in 4 raccolte (saṃhitā), dette propriamente: Ṛgveda («v. degli inni»), raccolta originale e la più importante fra tutte; Yajurveda («v. delle formule sacrificali»), la cui materia è in parte ricavata dal Ṛgveda e in parte originale; Sāmaveda («v. delle melodie»), dedicato anch’esso alla pratica del sacrificio e precisamente al canto liturgico, e costituito da citazioni di strofe tolte per la maggior parte dal Ṛgveda: Atharvaveda («v. delle formule magiche»), raccolta originale, al pari del Ṛgveda, ma pervasa da elementi nuovi che tradiscono un’origine popolare, quali credenze e mezzi superstiziosi per contrastare occulte influenze demoniache. I quattro V. (Saṃhitā), insieme ai Brāhmaṇa (comprendenti anche gli Araṇyaka) e alle Upaniṣad, costituiscono la śruti.
Nella forma in cui si presenta la religione vedica è un politeismo complesso, in cui si ravvisa la chiara tendenza di molte delle divinità a sistemarsi nell’ambito di tre livelli funzionali rappresentati dalla ‘sovranità’, dalla ‘forza’ e dalla ‘ricchezza’ (fecondità e produzione di beni), secondo uno schema teologico antichissimo (indoeuropeo) individuato da G. Dumézil. Le divinità principali sono Mitra e Varuṇa per il primo livello, Indra per il secondo, i due Aśvin (con un nome più antico Nāsatya) per il terzo. Mitra e Varuṇa sono custodi del regolare ritmo del cosmo, lo ṛtá, che è la norma universale della vita cosmica e anche dell’operare dell’uomo, soprattutto è quello dei riti. Lo ṛtá implica una solidarietà magica tra la sfera naturale e l’operare umano, per la quale l’ordine rituale ‘sostiene’ e incrementa quello cosmico e ogni infrazione si ripercuote automaticamente sul trasgressore e sul mondo esigendo una riparazione (anch’essa strettamente rituale). L’ordine del mondo è difeso al secondo livello, con la forza del combattimento di Indra contro le potenze del caos. Al livello della produzione di beni si avvicendano numerose divinità, solidalmente con la vasta gamma di attività particolari che si associano a questa sfera. Accanto a queste divinità, nel Ṛgveda sono dedicati circa 200 inni ad Agni, il fuoco sacrificale, e 120 al soma, la bevanda sacra che è al centro del culto vedico; insieme a Indra (250 inni), questi sono gli dei più menzionati, cosa che non diminuisce il rilievo gerarchico degli dei sovrani, in quanto il Ṛgveda è per la massima parte destinato ai riti del soma che si prospettano come incremento di forza per Indra e che vengono eseguiti mediante Agni.
Il culto vedico non era mai pubblico (fenomeno unico nelle religioni antiche); anche quelle tra le cerimonie solenni (śranta, cioè basata sulla śruti «rivelazione») che avevano ricorrenza calendariale (per es., l’Agniṣṭoma, il più importante sacrificio del soma che si celebrava ogni anno in primavera) venivano eseguite su commissione e a favore di un privato che doveva provvedere alle spese del rito; se il committente era un re il suo popolo ne fruiva solo indirettamente. Le cerimonie gṛhya, cioè «domestiche», erano quindi tali solo perché relative alla normale vita della famiglia e degli individui (nascita, pubertà, morte) ed erano eseguite dal capofamiglia stesso. Avevano carattere obbligatorio e non solenne alcune cerimonie quali l’Agnihotra (sacrificio mattutino e serale ad Agni) e i sacrifici mensili di novilunio e plenilunio.